Gli amati codici del duca Federico

Torna a Urbino la collezione bibliografica dei Montefeltro, una delle più ricche d'Europa

Oltre ottocento volumi: seicento latini, centosessantotto greci, ottantadue ebraici e due arabi. Scritti e miniati dai migliori maestri del tempo, italiani e fiamminghi. Preziosamente rilegati e sistemati in otto «scanzìe», suddivise ciascuna in sette ripiani, lungo due pareti di una sala che dava su un lato del cortile del Palazzo Ducale di Urbino. Era la magnifica biblioteca di Federico da Montefeltro, una delle più ricche e importanti d’Europa, superiore per qualità e quantità anche a quelle dei Medici a Firenze e degli Sforza a Pavia. Valutata dal libraio e letterato Vespasiano da Bisticci ben 30mila scudi, un valore enorme. Il duca l’aveva raccolta nel corso della vita, scegliendo personalmente i codici, ordinandoli a librai di fiducia o ad artisti di grande bravura. Con l’aiuto, qualche volta, della moglie Battista Sforza e del consulente Ottaviano Ubaldini.

Adesso la possiamo ammirare ricostruita virtualmente in un dvd con le sue scaffalature e i volumi che vi si trovavano nel 1487, a cinque anni dalla morte di Federico. Con le posizioni dei vari codici, distesi uno sull’altro, le legature originali (perdute), le dimensioni di ciascuno, i titoli, i contenuti, i nomi di copisti e miniatori. Non solo, ma nella eccezionale mostra «Ornatissimo Codice. La Biblioteca di Federico da Montefeltro» in corso a Palazzo Ducale di Urbino, attraverso marchingegni multimediali possiamo tirare giù e sfogliare i volumi con un semplice gesto della mano. E poi, naturalmente, apprezzarne un nutrito gruppo reale, cioè membranacei, con le bellissime miniature a tutta pagina, le decorazioni, la scrittura gotica o umanistica, la lingua greca, latina, ebraica. Si tratta di testi religiosi, militari, classici, scientifici, provenienti da prestigiose biblioteche, che ritornano a casa dopo 350 anni dal loro trasferimento, nel 1657, nella Biblioteca Apostolica Vaticana.

Lo ha permesso un grande e intelligente lavoro da parte della sovrintendenza per il patrimonio storico e artistico delle Marche, dell’università di Urbino, di vari studiosi e del multivision designer Paolo Buroni. Il pubblico può così apprezzare la ricchezza e la bellezza dei libri del duca di Urbino, ma anche immaginare la biblioteca con i suoi tavoli, le panche, la cassa con il materiale cartaceo per appunti, i bracieri per scaldarsi, proprio come poteva vederla un uomo del Quattrocento. Pur che quell’uomo non fosse «inepto ed ignorante, immundo e stomacoso» ma in grado di intendere la «prestantia, beleza et gintileza» dei codici. Erano queste le regole che doveva seguire il bibliotecario di turno.

Ma come era venuto in mente a Federico di farsi una simile biblioteca? Homo novus del Rinascimento, Federico era nato nel 1422. Aveva studiato nella rinomata Ca’ Zoiosa di Vittorino da Feltre, maestro all’avanguardia. I modelli? I grandi del passato, greci, romani, cristiani, che predicavano l’armonia fra corpo e spirito, fra vita attiva e contemplativa. Diventato conte e signore di Urbino il 23 luglio 1444 in seguito all’uccisione del fratellastro Oddantonio da parte di alcuni nobili urbinati, viene nominato duca nel 1474 da papa Sisto IV. Nel giro di vent’anni trasforma il piccolo stato collinare in una delle maggiori corti europee. Per consolidare il proprio potere, accanto a battaglie, titoli e onori, decide di costruire uno straordinario palazzo ricolmo di opere d’arte, capace di richiamare l’intellighentia internazionale. E una grande biblioteca, ricca di libri.
Non a caso il duca si fa ritrarre dal pittore spagnolo Alonso Berruguete nel 1476 mentre, seduto su uno scranno, legge un massiccio codice. Nell’immagine ufficiale spicca il profilo col naso tagliato da un colpo di lancia che nel torneo del 1451 l’aveva privato dell’occhio destro. Ma spiccano soprattutto tutti i simboli del potere: quello dell’intelletto, rappresentato dalla lettura, quello militare, richiamato dall’armatura, le varie insegne, dell’Ordine equestre della Giarrettiera e dell’Ermellino. Il figlio Guidobaldo bambino, accanto a lui, con lo scettro in mano, diventa metafora della continuità della stirpe.

Nei raffinati codici, miniati da maestri come Franco dei Russi, Francesco Rosselli, Bartolomeo della Gatta, si incontrano il profilo del duca e le sue insegne, molte e importanti, intrecciate a fiori, santi, eroi, scene di martirii e di trionfi. E, in fondo, a saperli leggere, in quegli «ornatissimi codici», come recitano nei frontespizi, passa tutta la vita di Federico raccontata dalle sue scelte di bibliofilo.

LA

MOSTRA
«Ornatissimo Codice. La Biblioteca di Federico da Montefeltro». Urbino, Palazzo Ducale. Fino al 27 luglio (a cura di Claudia Caldari, Lorenza Mochi Onori, Marcella Peruzzi, catalogo Skira). Info: 0722322625.

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