Anastasi: «E non ci fermeremo alla semifinale»

L'Italvolley è in semifinale nel Mondiale che si chiuderà domenica al Pala Lottomatica di Roma: decisivo il successo sulla Francia e ancor più quello precedente sugli Stati Uniti campioni olimpici in carica. C'è poco di prevedibile e di annunciato in questa conquista che è figlia di un lavoro immenso, spasmodico, perfino ossessivo in alcuni frangenti. Già perché pochi, nel momento del trionfo, si ricordano che l'anno scorso gli azzurri finirono al decimo posto nell'Europeo con 2 vittorie e 4 sconfitte, un disastro. In dodici mesi esatti il coach Andrea Anastasi, detto "nano" perché alto solo 180 cm, ha trasformato la Nazionale scolpendo le sue idee nella testa oltre che nel fisico degli azzurri. «Se ci crediamo, arriviamo fino in fondo. Ma dobbiamo fare di ogni allenamento una partita da vincere all'ultimo set», il suo slogan. Quello slogan che gli permise di vincere l'Europeo 2007 alla guida della Spagna. Nel calcio equivarrebbe all'affermazione dell'Irlanda trapattoniana.
«Ma non stupitevi di Anastasi. È un martello che non lascia niente al caso e cura ogni particolare con una straordinaria professionalità», racconta Fefè De Giorgi, allenatore di grande successo e voce tecnica della Rai. A vederlo in campo il ct sembra uno mite, capitato lì per caso, con le braccia conserte al petto. Al contrario è uno tosto al quale interessa solo vincere e vincere ancora. Di partecipare non gliene importa nulla. In questa manifestazione è già al settimo sigillo su altrettanti appuntamenti. Il presidente Magri l'ha richiamato per questo motivo sulla panchina azzurra che aveva già occupato a cavallo del 2000 facendo grandi cose con i resti di una Nazionale reduce da tre successi consecutivi nel campionato mondiale ('90, '94 e '98): primo nella World League, secondo agli Europei, terzo all'Olimpiade, quinto al Mondiale. Ci voleva uno come lui per mantenere in alto un gruppo con la pancia piena.
Adesso il "Nano" è tornato. E il poker iridato non profuma di utopia. In semifinale l'Italia se la vedrà sabato contro il Brasile che ha giocato sporco nella seconda fase dove ha perduto di brutto con la Bulgaria per non ritrovarsi sul cammino Cuba. Formula orrenda, da cambiare con urgenza. Il Brasile è il campione mondiale in carica, ma paga l'addio di Ricardinho, il Pelé dei palleggiatori, capace di trasformare ogni pallone, anche il più ostico, in un assist per i compagni. È comunque il favorito. Ma la cabala è dalla nostra parte. È scaturito lo stesso accoppiamento del Mondiale 1998 disputato in Giappone. Allora gli azzurri si affermarono al quinto set prima di strapazzare in finale la Jugoslavia. E, guarda caso, dall'altra parte del tabellone c'è oggi la Serbia che proviene da una costola della Jugoslavia e se la vedrà con i giovanotti cari a Fidel, vittoriosi a fatica sulla Bulgaria allenata dal nostro Prandi.
«Il pronostico ci è contrario, ma possiamo ribaltarlo», afferma De Giorgi. Per due motivi. «Innanzi tutto perché l'Italia è più solida a muro e quindi si può permettere in determinate circostanze di non forzare il servizio. E poi perché il Brasile di Bernardinho non ha un grande alzatore. Bruno, il figlio del ct, non vale la metà del grande Ricardinho. Quindi Brasile forte, ma non fortissimo. Dietro l'angolo può esserci la finale. A patto che…». A patto che cosa? «Che i titolari recuperino la migliore condizione, a cominciare da Mastrangelo, e che non s'infilino in un tunnel senza uscite com'è successo nel terzo set con la Francia. Il ct non sta sbagliando una mossa. Basta vedere come gestisce Birarelli, Fey, Sala e Parodi. Il talento di Vermiglio e l'esplosività di Savani completano il quadro. Marra, il libero, è sempre più sicuro. Solo Anastasi poteva avere il coraggio di promuoverlo titolare dopo la retrocessione in A2 con il Loreto. È un gruppo di amici che non conoscono gelosie e invidie». Ma quanto valgono rispetto agli azzurri che vinsero tre titoli di seguito? «Intanto hanno fame di gloria, e poi ogni Nazionale si crea la sua storia».


Nel 1978 l'Italia di Pittera scrisse la favola del "Gabbiano d'argento": a 32 anni di distanza il volo non s'è ancora arrestato. E Anastasi, che domani compie 50 anni, guarda l'orizzonte: «Non ci accontentiamo della semifinale».

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