Anche la Lp (a) tra i fattori di rischio cardiovascolare

Fino a qualche tempo fa era un enigma, un grosso punto interrogativo in attesa di una risposta certa. Ora non ci sono più dubbi: la lipoproteina(a) rientra di diritto nella poco invidiabile cerchia dei «killer del cuore», è coinvolta in maniera significativa nella genesi delle malattie cardiovascolari. Lo dice uno studio pubblicato da poco sul New England Journal of Medicine, da cui si apprende che i soggetti con elevati livelli di questa sostanza nel sangue presentano un rischio di infarto raddoppiato rispetto alla norma. L'allarme è stato lanciato nei giorni scorsi a Firenze, nel corso del simposio internazionale «Conoscere e curare il cuore». Un incontro da cui sono usciti anche segnali confortanti: un'arma di difesa infatti esiste e si chiama L-carnitina, già nota per il suo ruolo chiave nel metabolismo degli acidi grassi.
Precisa Cesare Sirtori del dipartimento di Scienze farmacologiche dell'università di Milano: «Da tempo si sapeva che la lipoproteina(a) fosse associata all'infarto, ma non era chiaro se ne fosse una causa o una conseguenza. La novità è il suo ruolo causale, il suo porsi come fattore di rischio indipendente da quelli tradizionali come colesterolo totale, ipertensione, diabete, obesità e fumo». Il punto vero, dunque, è che i suoi effetti si sommano a quelli più conosciuti, funzionano come una sorta di moltiplicatore. Non a caso, in alcuni centri all'avanguardia, la Lp(a) viene misurata già oggi in tutti i pazienti in cura. Ed è ragionevole pensare che, nel giro di qualche anno, lo screening possa diventare di massa, perché conoscere i suoi livelli è un ottimo preludio per una diagnosi completa e accurata. Al momento l'unico freno è forse il costo delle analisi: solo per i reagenti occorre spendere all'incirca 10 euro a rilevamento. La difficoltà ulteriore è che per contrastarla non sono sufficienti la dieta e l'esercizio fisico. Impresa che invece è riuscita alla L-carnitina, peraltro «con ridotti effetti collaterali», come rileva Mariano Malaguarnera del dipartimento di medicina interna dell'università di Catania. Di più: «La L-carnitina - aggiunge - è una molecola di ampia disponibilità, anche a basso costo, e ha un'azione protettiva sulla cellula, un'azione energizzante e sui lipidi». È sicura e tollerabile da sola e fa bene il suo dovere in associazione con simvastatina.


«Se la lipoproteina(a) è un osso duro, se è così difficile da contenere - chiosa ancora Sirtori - la carnitina è efficace nel ridurne i livelli plasmatici. Insomma, è un trattamento importante per i pazienti a rischio».

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