"Un anno in trincea tra luci e ombre"

Anton Francesco Albertoni, presidente di Confindustria Nautica: "Il settore salvato dalla determinazione e dal coraggio degli imprenditori, ma siamo riusciti a farci ascoltare dal Palazzo. Pagelle? Bene Sviluppo economico, Infrastrutture e Semplificazione. Rimandati Ambiente e Turismo"

"Un anno in trincea tra luci e ombre"

Hanno reagito alla gran­de crisi rimboccandosi le ma­niche e mettendo in azienda anche i risparmi di famiglia. Hanno perso competitività e fatturato con percentuali im­portanti, ma continuano a credere in un comparto uni­co al mondo. E oggi fanno l’ennesimo bilancio. Quello di un 2010 passato in trincea, tra sofferenze e ossa rotte da ricomporre, ma con determi­nazione e coraggio. La nauti­ca italiana è ancora viva gra­zie a questi uomini d’impre­sa. Ripercorriamo un difficile 2010 insieme con il presiden­te di Confidustria Nautica, Anton Francesco Albertoni.

Presidente, un anno non proprio da dimenticare...
«Direi di no. Nel 2009 aveva­mo lanciato un segnale forte alla politica convocando l’as­semblea straordinaria della Nautica durante il Salone di Genova. Avevamo bisogno di un dialogo più franco e co­struttivo con più dicasteri. Un dialogo che abbiamo ritro­vato con tenacia e fatica. Tut­tavia l’attività istituzionale di Ucina è stata fortemente con­dizionata da una situazione politica per così dire in evolu­zione... Di giorno in giorno abbiamo dovuto rivedere le nostre strategie per indivi­duare le migliori opportunità del momento. Da questo nuo­vo rapporto con il Palazzo, e soprattutto con il ministero dello Sviluppo economico, è nato quello che io considero un grande successo politico: gli incentivi per la nautica. Devo dire che dopo Scajola anche il ministro Paolo Ro­mani ha aperto il fondo unico alla nautica consentendoci di raddoppiare l’importo ini­zialmente previsto a quasi 40 milioni di euro. Ma è altret­tanto importante il supporto che lo Sviluppo economico ci fornisce per l’internazionaliz­zazione attraverso l’Ice».

Dimentica il buon lavoro del ministro Matteoli...
«Affatto. Il discorso è diverso. Oggettivamente le Infrastrut­ture avrebbero potuto fare di più per il recupero della por­tualità mercantile, progetto peraltro da noi presentato già al Satec di Palermo nel maggio 2008. Però non pos­siamo imputare al buon Mat­teoli la scarsità di risorse. La crisi è stata spietata. Ma è da qui che nasce l’idea di aprire un altro fronte con il ministe­ro della Semplificazione, con il quale non avevamo mai col­­laborato. Per noi è stata una scoperta sorprendente. Ab­biamo trovato in Roberto Cal­deroli un interlocutore vali­do e preparato. E i frutti sono stati immediati con l’appro­vazione alla Camera (ma an­cora in discussione al Senato, ndr ) dei tre famosi emenda­menti: superyacht, trasporti eccezionali e pontili galleg­gianti. Non ultimo il recupe­ro della portualità che entra nel pacchetto del federali­smo demaniale e che porterà a una rivoluzione vera e pro­pria del demanio. Quindi, Svi­luppo Economico, Infrastrut­ture e Semplificazione sono stati tre interlocutori impor­tanti in questo ultimo anno».

Presidente, la filiera nauti­ca è un comparto comples­so, fatto di diverse realtà. Insomma non solo bar­che, ma anche turismo e ambiente.
«Già. Ci dispiace constatare che due altri ministeri - Am­biente e Turismo- altrettanto strategici per noi hanno fatto davvero poco. Abbiamo man­cato in pieno l’ammoderna­mento del sistema Paese. L’industria nautica, sul mer­cato interno, che per forza di cose è il nostro primo merca­to di sbocco, deve fare i conti con l’elemento naturale (l’ambiente marino) e l’ele­mento economico (il turi­smo nautico). È difficile capi­re perché non si riesca ad ac­celerare il processo di revisio­ne della legge quadro, vec­chia di 30 anni, che sta soffo­cando l’economia dei territo­ri. Sono certo che un ministro del Sud, come Stefania Presti­giacomo, sia sensibile all’eco­nomia del Meridione. Se c’è un settore dal quale può parti­re quella economia è proprio questo».

Si dice in giro che l’ultimo Satec sia stato un trionfo personale di Albertoni...
«Macché trionfo. Solo un rico­noscimento importante nel momento storicamente più difficile della nautica da di­porto. Un rinnovo di manda­to e di fiducia che ha superato le mie stesse aspettative. Un mandato ampio nell’occhio del ciclone di una crisi econo­mico- finanziaria è sì grande soddisfazione, ma anche una enorme responsabilità. Più lavori e più ti rendi conto che da soli non sifa niente.C’è bi­sogno di una squadra che fun­zioni. E la nostra funziona, con le nostre aziende che con­tinuano a investire e a rim­boccarsi le maniche. Purtrop­po non è così per la squadra politica…».

Poi è arrivata l’estate cal­da con gli arrembaggi agli yacht degli evasori che for­se evasori non erano...
«È stato un attacco violentissi­mo al nostro settore, ingiusti­ficato, gratuito, immotivato, inconcludente. Di certo è ri­masto solo il danno, d’imma­gine ed economico (circa 1 miliardo, ndr ), considerata la fuga degli yacht verso mete più tranquille».

Però, si mormora, lei ha se­dotto il tassator cortese...
«Dopo quella sfortunata pa­rentesi, Ucina ha incrementa­to i r­apporti con l’Agenzia del­le Entrate. Posso solo auspica­re che questo rapporto co­struttivo porti velocemente a una chiarezza della normati­va sul charter. Devo dire che durante il Nautico di Genova proprio Attilio Befera ci ha da­to un segnale imp­ortante sot­toscrivendo il manuale sul le­asing. Ora tutto va concretiz­zato con le circolari applicati­ve. Questo settore ha bisogno di chiarezza. Io spero che nel prossimo agosto le prime pa­gine dei giornali debbano oc­cuparsi di altro… Se voglia­mo davvero arrestare la gran­de fuga verso i porti stranieri questi problemi dovranno es­sere risolti entro il prossimo marzo. Le società di charter internazionali stanno già ela­borando i loro programmi per il 2011. Dobbiamo dire al mercato che le regole sono fi­nalmente chiare anche in Ita­lia. A febbraio andiamo al sa­lone di Miami. Che cosa dire­mo al mercato americano? Che è meglio girare al largo dalle nostre coste? La perdita economica sarebbe deva­stante. Nell'ultimo anno il no­­stro settore, molto più di altri, si è dovuto adattare a una ri­duzione del giro d’affari, a nu­meri diversi. Avere una mac­china tarata per fare i 100 chi­lometri l’ora e doverla ritara­re sui 50 è molto difficile. La frenata è stata forte. Ripartire ha comportato un ridimen­sionamento, la ricerca di un nuovo equilibrio economico in tutte le aziende».

E siamo all’ultimo Nauti­co, il vostro prodotto che secondo qualcuno dovreb­be rivedere la formula.
«Vero. Ma siamo già al lavoro per il 2011, consapevoli della necessità di un maquillage. Nel 2006-2007 abbiamo fatto una prima, grande rivoluzio­ne: la nuova darsena, posti in acqua triplicati, darsena tec­nica per la vela, il padiglione B e altro ancora. È stata una risposta forte.

Oggi, lavoran­do su un quartiere fieristico modificato, dobbiamo inter­venire con delle specificità al­l’interno, a supporto dei servi­zi sia per i grandi yacht sia per i visitatori. Ma anche servizi diversi per la piccola nautica, componentistica e accessori. E anche un qualcosa, che stia­mo studiando, per rendere il salone più divertente, attratti­vo e spettacolare».

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