La Lupa Capitolina bronzea conservata nei Musei Capitolini è un clamoroso falso prodotto nel Medioevo. Lo afferma il settimanale 'Der Spiegel', secondo il quale il simbolo della Città Eterna, risalente a 2.500 anni fa e attribuito a uno scultore etrusco, sarebbe stata fabbricata nel Medioevo. Il settimanale di Amburgo scrive che già nel 2006 la storica dell'arte italiana Anna Maria Carruba aveva espresso dubbi sull'autenticità sulla lupa bronzea allattante i due gemelli, del peso di oltre 150 chili, mentre «un esame dell'archeologo Edilberto Formigli, che si basa tra l'altro su una datazione calcolata con il metodo del C-14, conferma adesso il risultato: la lupa è originaria del Medioevo».
Il settimanale precisa che il capolavoro venne «fuso d'un pezzo, senza tracce di saldature alla testa e alle zampe, una tecnica sconosciuta nell'antichità». Lo Spiegel aggiunge che, secondo gli esperti, l'originale della lupa capitolina venne fuso a Bisanzio nel 1204, al tempo della quarta Crociata.
Il settimanale sostiene che poco dopo ci fu subito qualcuno che tentò di imitare l'originale andato irrimediabilmente perduto, «su incarico dei conti Tuscolo, una famiglia che diede diversi Papi alla Chiesa». «Che delusione», scrive lo Spiegel, anche perché nel corso dei secoli la presunta lupa falsa è stata presa per buona da tutti, mentre «nè Dante, nè Theodor Mommsen hanno scoperto l'inganno». Nel frattempo, prosegue il settimanale, i Musei Capitolini «non vogliono ammettere la brutta notizia e sul loro sito internet continuano a presentarla come un lavoro del quinto secolo avanti Cristo, ma i dinieghi non servono».
Nel suo lungo articolo il settimanale riferisce che la pratica delle falsificazioni di opere d'arte continua anche nell'epoca contemporanea, con il famigerato «Maestro Spagnolo» che «per 30 anni ha messo in circolazione falsi di ottima qualità. C'è chi sospetta che il suo laboratorio si trovi nella zona di Napoli, altri indizi portano alla Spagna meridionale».
Il mercante d'arte svizzero Christoph Leon afferma che un'iscrizione romana con un bassorilievo dell'imperatore Tiberio, attribuita al falsario spagnolo, sarebbe stata «immessa sul mercato da Valencia».
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