In arrivo un'altra stangata da 16 miliardi di euro

Il governo dovrà affrontare nei prossimi mesi un altro compito, prescritto dal duo Merkel Sarkozy: la riduzione del 3% l'anno per 20 anni del debito pubblico. Alfano indica la strada a Monti: subito un piano per la crescita

In arrivo un'altra stangata da 16 miliardi di euro

Varato il decreto «salva Italia», il governo attuale dovrà affrontare nei prossimi mesi un altro, più difficile compito a casa, prescritto dal duo Merkel-Sarkozy e approvato dalla Bce di Mario Draghi, come condizione per il sostegno al nostro debito pubblico. Si tratta della riduzione del 3% l’anno per 20 anni del debito pubblico, al 120% del Pil, fino al 60%. Essendo il nostro debito di 1.900 miliardi e il Pil di 1.586, tre punti di debito sono circa 57 miliardi, pari al 3,6% del Pil.

Questa regola capestro che noi firmeremo tra gennaio e febbraio fa parte del cosiddetto «fiscal compact», ovvero il super patto fiscale tra gli Stati dell’Eurozona, condizione per gli interventi dell’Ue con il fondo «salva Stati» per l’acquisto di debito pubblico e il sostegno Bce. Che, stando al Trattato europeo in vigore, sarebbe possibile anche senza regola capestro, a pareggio finanziario del bilancio. Infatti la Bce non può finanziare i disavanzi degli Stati membri, ma ne può comprare i titoli sul mercato secondario, senza limiti, quando il bilancio è in pareggio, per contrastare le vendite del debito preesistente. La regola è dura ma solo perché non abbiamo la capacità di crescere. Infatti, con il bilancio in pareggio e una crescita dell’1% del Pil e un tasso di inflazione del 2,3%, si ha automaticamente una riduzione del rapporto tra debito e Pil del 3,2%.

Ed è facile calcolare che se il debito è il 109% del Pil, come sembrava potesse essere nel 2014, nelle previsioni di bilancio di autunno del governo Berlusconi, basterebbe il 3,3% del Pil per ridurre del 3% il rapporto debito-Pil.
Silvio Berlusconi aveva concordato a Bruxelles che l’Italia avrebbe iniziato ad adottare questa regola dal 2014 in poi. Ma adesso la regola di riduzione annuale del debito di 3 punti sul Pil inizia dal 2012. E ciò, purtroppo, comporta che occorrerà un’altra manovra finanziaria nel 2012. Perché quella di Mario Monti non è sufficiente. Per rendersene conto basta confrontare il rapporto debito-Pil di quest’anno (il 120% del Pil) e quello del prossimo anno.

Il Pil salirà dell’1,6% a 1.612 miliardi mentre il debito salirà dello 1,3% a 1.920 miliardi. Il rapporto debito-Pil sarà del 119,1%, non del 117% come prescrive la nuova regola. Se la manovra correttiva dovesse applicarsi dall’anno prossimo, mancherebbero due punti di Pil, cioè 32 miliardi. Forse Monti può ridurle il divario a metà, argomentando che il nuovo patto inizia dalla primavera e che la riduzione, pertanto, deve essere solo del 2%. In tale caso la manovra correttiva per il 2012 sarebbe di un punto di Pil: 16 miliardi. Oppure il governo Monti potrebbe firmare la nuova regola stabilendo che, nel periodo iniziale, essa vale globalmente per il 2012 e il 2013, col pareggio del bilancio per quest’ultimo anno. Così il debito non aumenterebbe, ma il Pil salirebbe del 2,2%, portandosi a 1.648 miliardi. Il debito di 1.920 miliardi sarebbe il 116,5% del Pil, ossia ci sarebbe una riduzione tra il 2011 e il 2013 del 3,5%. Mancherebbero 2,5 punti da distribuire su due anni, ossia una ventina di miliardi l’anno.

Ed a metà del 2012 andrà, comunque, in essere la manovra, già programmata di 25 miliardi, su base annua, consistente per metà in aumento di Iva e per metà in riduzione di esoneri fiscali. Come mai siamo giunti a questa situazione per cui con la manovra di Monti stiamo peggio che con quella di Tremonti?

Nel terzo trimestre 2011 l’economia europea si è afflosciata. Così l’Italia, in autunno, ha registrato un peggioramento del quadro economico per il 2012, che l’ex ministro Paolo Romani aveva cercato invano di attenuare con un decreto pro crescita, bloccato dalla caduta del governo Berlusconi. La Bce, allora diretta da Jean-Claude Trichet, nel frattempo, aveva seguito le rigide regole suggerite dai tedeschi (niente riduzione del tasso di interesse, niente credito a tre anni all’1%, come ha fatto Mario Draghi settimana scorsa). L’Italia andava verso la crescita zero, mentre il costo degli interessi è aumentato, facendo salire la spesa per interessi nel bilancio a venire.

La manovra Monti, poi, ha ridotto ulteriormente il Pil facendolo scendere nel 2012 a -0,4% rispetto al 2011.

La soluzione, però, ci sarebbe: fare vendite di beni pubblici, che riducono il rapporto debito/Pil senza ricorre a nuove tasse o a nuovi tagli di spesa. Esse, oltretutto, darebbero ossigeno alla crescita del Pil.

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