Arte, l’unità d’Italia si fa ancora a Torino

Si è aperta il 23 di dicembre scorso l’ultima sezione della Biennale di Venezia, nella sua estensione a tutte le regioni d’Italia, presso la grandiosa sede del «Palazzo delle Esposizioni» a Torino. La chiusura a Torino determina una felice coincidenza: l’iniziativa di allargare il Padiglione Italia era stata infatti decisa per celebrare il 150º dell’Unità d’Italia, e la sede di «Torino Esposizioni» fu costruita da Pier Luigi Nervi nel 1961, in occasione del primo centenario dell’Unità d’Italia.
Non solo dal Piemonte, ma da tutta Italia arrivano ora a Torino circa 700 artisti che portano il censimento fin qui compiuto sullo stato dell’arte in Italia a circa quattromila tra pittori, scultori, ceramisti, fotografi, videoartisti, illustratori, designer, in una babele che non risponde a criteri o tendenze privilegiate dalla critica, ma rispecchia la infinita varietà delle proposte creative registrate nell’ultimo decennio (il primo del nuovo Millennio).
E mentre questa esperienza si chiude, o meglio, si aprono nuovi orizzonti ad artisti spesso misconosciuti o ignorati, il ministro per i Beni e le Attività Culturali Lorenzo Ornaghi manifesta una lodevole attenzione per la Biennale, confermando, per opportuna continuità, il presidente Paolo Baratta, e nominando nel Consiglio di amministrazione, con lucido riconoscimento del suo straordinario impegno, Emanuele Emmanuele, il quale è anche presidente di PalaExpo a Roma, delle Scuderie del Quirinale a Roma oltre che della attivissima Fondazione Roma.
È importante, questa nomina, perché più di ogni altro proprio Emmanuele fu sensibile al progetto del Padiglione Italia, assumendo il ruolo di presidente del Comitato degli intellettuali che hanno segnalato gli artisti per l’Arsenale di Venezia, e seguendo con impegno e passione diretti la notevole sezione in Palazzo Venezia a Roma. Nessuno meglio di lui può garantire la continuità dell’impegno di documentare, attraverso la Biennale, la situazione reale dell’arte italiana, senza piegarsi a capricci di curatori più interessati alle loro teorie che agli artisti.


Io mi auguro che Emanuele Emmanuele, di concerto con il ministro Ornaghi e in difetto dell’Attività della Quadriennale, consolidi un metodo che ha consentito scoperte e conferme superando quei pregiudizi che hanno imposto una visione limitata e dogmatica dell’arte italiana. La nomina di Emanuele Emmanuele è per gli artisti italiani una speranza e una garanzia.

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