"Dante di destra". Le parole di Sangiuliano smascherano l'egemonia della sinistra

Il ministro cita Dante come ispiratore del pensiero di destra e scoppia la polemica. La sinistra lo attacca e si tradisce: per decenni, infatti, sono stati i progressisti a monopolizzare arte e cultura

"Dante di destra". Le parole di Sangiuliano smascherano l'egemonia della sinistra

Le anime parve della sinistra si sono subito messe a strillare. A fare fuoco e fiamme contro Gennaro Sangiuliano. Il ministro della Cultura è stato così trascinato nel girone infernale delle polemiche per una frase pronunciata durante la kermesse milanse di Fratelli d'Italia. Dal palco, il giornalista ed esponente di governo aveva infatti lanciato un'osservazione dichiaratamente provocatoria sulla cultura italiana, troppo spesso presa in ostaggio dai progressiti. "So di fare un'affermazione molto forte, ma ritengo che il fondatore del pensiero di destra in Italia sia Dante Alighieri", aveva affermato il ministro, scatenando la rabbia delle opposizioni, di colpo sono passate dalle barricate contro l'improbabile allarme fascismo a quelle per l'altrettanto surreale allarme dantismo.

Dante e la destra, le parole di Sangiuliano

"Quella visione dell'umano, della persona che la troviamo in Dante, ma anche la sua costruzione politica, credo sia profondamente di destra. Quindi la destra ha cultura, deve solo affermarla", aveva argomentato Sangiuliano. Apriti cielo. Le polemiche pretestuose contro il ministro si sono subito sono sprecate. Come si era permesso di scomodare in quel modo il Sommo Poeta? Dal Pd ai Cinque Stelle, passando per Verdi e Sinistra Italiana, i maestrini di sinistra sono saliti in cattedra per rimproverare l'esponente di governo, accusandolo di voler strumentalizzare la letteratura per creare un'egemonia di destra. Peccato che il giornalista avesse sostenuto l'esatto opposto, ovvero che la cultura dovrebbe smettere di essere assoggettata a logiche partigiane e d'area.

L'egemonia culturale di sinistra

"Io ritengo che non non dobbiamo sostituire l'egemonia culturale della sinistra, quella gramsciana, a un'altra egemonia, quella della destra. Dobbiamo liberare la cultura che è tale solo se è libera, se è aperta, se è dialettica", aveva concluso il ministro. Stranamente questo passaggio del suo ragionamento è stato omesso dai detrattori. "Piegare la verità secondo proprie necessità, sottomettere la storia alla propria narrazione. È questo che fa la destra", ha attaccato Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana, mentre l'eurodeputata Pd Pina Picierno ha commentato: "L'unica cosa certa è che Dante metterebbe questo governo nel girone degli ignavi". E la polemica è pure rimbalzata sui social, scatenando un turbinio di polemiche.

L'ipocrisia progressista sulla cultura

Citazione dantesca a parte, in pochi hanno però colto un nodo centrale del pensiero espresso dal ministro: quello riguardante il predominio di stampo progressista che per decenni ha monopolizzato il mondo della cultura, dell'arte, del cinema, del teatro, della filosofia. Persino della musica. In questo senso, l'iperbole sfoderata da Sangiuliano ha svelato l'ipocrisia di una sinistra che non s'è fatta mai scrupolo nel porre sotto la propria campana scrittori, pensatori e artisti. Ma la letteratura e le arti non sono forse patrimonio di tutti? Di conseguenza, ogni espressione culturale d'orientamento diverso subiva un certo snobismo e veniva in sostanza declassata.

Fdi si schiera con Sangiuliano

A sostenere le osservazioni del ministro della Cultura è stato, da Fratelli d'Italia, il deputato Federico Mollicone."Dante è padre della lingua italiana e della patria, concetti che tutt'ora alla sinistra fanno venire il voltastomaco. Quanto detto dal ministro Sangiuliano - che sicuramente non ha bisogno di difese - è stata come spiegato da lui stesso un'iperbole. Non siamo interessati a costruire un'egemonia culturale di destra - come sottolineato dallo stesso ministro - ma liberarla da quella decennale di sinistra.

Dante è un simbolo che appartiene a tutti, come è ovvio che sia. Calenda, Picierno, Fratoianni, Orrico soffrono di un'evidente crisi di astinenza dalla gestione del potere", ha contrattaccato il presidente della commissione cultura della Camera.

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