
Se prima era bassa, la popolarità di Gad Lerner fra gli ebrei italiani adesso è bassissima. L’appello pubblicato due giorni fa su Manifesto e La Repubblica è stato un flop. Il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni, la presidente dell’Ucei Noemi Di Segni, moltissimi esponenti dell’ebraismo italiano, la testimone della Shoah Edit Bruck: la stroncatura è generale e trasversale. E non a caso, visti i toni e i tempi di Lerner ecc. Hanno infatti scelto il giorno dei funerali, in Israele, dei fratellini Bibas, per pubblicare questo appello «contro la pulizia etnica» e lo hanno presentato come la posizione di «ebree ed ebrei italiane».
«L’Italia non sia complice» si legge. E l’iniziativa ha suscitato repliche e risposte che toccano tutto lo spettro delle reazioni negative. «La firma nell'ebraismo ha un grande valore - scrive rav Riccardo Di Segni - All’inizio dell’anno ebraico l’augurio che ci scambiamo proprio quello di una firma, una buona firma». «Tale è l’impatto di questa tradizione che per alcuni l’unico modo di manifestare il loro ebraismo è “mettere una firma. Ma purtroppo non sempre è una “buona firma”». Una raffinata riprovazione. Più diretta la presidente Di Segni, che lo definisce «inaccettabile». «Ma fa anche molto male perché di tutto quello che c’è come pensiero e trasporto dietro la firma non arriva nulla ad un lettore italiano medio». Per la presidente non si comprende la «complessità di Israele», «non si legge il volto bello e caldo di Israele rigato dalle lacrime e dal lutto». L’appello, per Di Segni, «sceglie esattamente» «poche parole terribili di cui da mesi viene Israele tutta ed ogni ebreo accusati», «che riecheggiano le distorsioni e la disinformazione contro cui ci sgoliamo da mesi e da anni». Accuse - aggiunge - «siglate anche con marchio ebraico (più o meno doc)».
E l’equivoco su una «rappresentanza istituzionale» peggiora il giudizio sull’iniziativa. Davide Romano della Brigata ebraica scherzando parla di «fake jews». Una critica seria arriva anche da entrambi figli di Liliana Segre (la senatrice non ha firmato): «È sbagliato usare il termine pulizia etnica» dichiara Luciano Belli Paci. «Un appello fatto in questo modo - spiega - sdogana l’idea di una colpa collettiva degli ebrei e divide gli ebrei fra buoni e cattivi». «Pur non avendone ancora parlato con mia madre, credo che anche lei non lo condivida». E che sia divisivo e presti il fianco agli odiatori è ciò che osserva anche il fratello Alberto Belli Paci. Condivide Edith Bruck ad HuffPost. «Sono stata contattata ma non ho firmato» ha detto. «Pensiamoci bene prima di usare queste parole». «Parlare di pulizia etnica e paragonarla alla Shoah è sbagliato»,
«Ho sempre avuto una certa allergia per gli appelli dei “buoni” osserva Daniele Nahum, consigliere comunale di centrosinistra a Milano. E anche il giornalista David Parenzo è netto: «Non firmo appelli in cui si dice: “ebree ed ebrei dicono...
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