"Successe il finimondo". La maturità raccontata da Oriana Fallaci

I maturandi alle prese in queste ore con Oriana Fallaci. La scrittrice, in un suo testo, raccontò gli aneddoti del proprio esame di maturità. "Alcuni professori sostenevano che ero pazza, altri savia..."

"Successe il finimondo". La maturità raccontata da Oriana Fallaci
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Oriana Fallaci tra i banchi della maturità 2023. Nelle tracce d'esame assegnate stamani agli studenti in occasione della prima prova, c'è anche la grande giornalista con la sua Intervista con la storia. "La storia è fatta da tutti o da pochi? Dipende da leggi universali o da alcuni individui e basta?", si domandava la scrittrice nella sua raccolta di illustri interviste pubblicata per la prima volta nel 1974. E chissà cosa avrebbe argomentato oggi, Oriana. Ora che il mondo è attraversato da nuovi stravolgimenti innescati dalle decisioni di pochi potenti. Sicuramente avrebbe elaborato un testo appassionato e geniale dei suoi, come fece al proprio esame di maturità nel 1947.

Maturità, l'esame di Oriana Fallaci

Quell'anno, il tema d'esame affidato agli studenti fu il concetto di patria. Stamani, in una delle consegne ai maturandi, è stato invece chiesto di ragionare sull'idea di nazione secondo Chabod. E immaginiamo che pure le sensazioni provate oggi dai ragazzi non siano state così diverse da quelle che Oriana Fallaci descrisse con arguzia in un suo testo. "Quando mi presentai alla prova scritta, il tema di italiano, non ricordavo neanche chi fosse Dante Alighieri. I miei piedi erano ghiacci, lo stomaco contratto mi rimandava in bocca il sapore dello zabaglione che la mamma mi aveva imposto per tirarmi su, l'angoscia mi strozzava", scrisse la giornalista in un suo curioso aneddoto di giovinezza. Quell'apprensione si stemperò non appena si aprirono le buste con i temi d'esame.

"Fuoco alle polveri", il tema d'italiano della scrittrice

Fallaci lo racconta così. "Poi ci comunicarono il tema: il concetto di patria dalla polis greca ad oggi. E fu peggio che dar fuoco alle polveri delle mie infantili rivolte, delle mie infantili utopie. Il freddo sparì, insieme al sapore di zabaglione, l'angoscia dileguò. Brandii la stilografica, mi gettai come un lupo ringhioso sul foglio protocollo". Oriana Fallaci si nasce e infatti la futura scrittrice si lanciò in una di quelle sue disamine sferzanti, provocatorie, polemiche, divisive, taglienti. Già all'età di 18 anni, quando ancora - per l'appunto - era solo una studentessa lontana dai futuri successi professionali e letterari.

Nel suo aneddoto, la futura giornalista ha anche proposto un riassunto di ciò che scrisse per otto colonne piene. "Patria, che vuol dire patria. La patria di chi? La patria degli schiavi e dei cittadini che possedevan gli schiavi? La patria di Meleto o la patria di Socrate messo a morte con le leggi della patria? La patria degli ateniesi o la patria degli spartani che parlavano la stessa lingua degli ateniesi però si squartavano tra loro come molti secoli dopo avrebbero fatto i fiorentini e i senesi, i veneziani e i genovesi, i fascisti e gli antifascisti? È da quando ho imparato a leggere che mi si parla di patria: amor patrio, orgoglio patrio, patria bandiera. E ancora non ho capito cosa vuol dire", argomentò Fallaci, secondo quanto ricordato e ricostruito da lei stessa diversi anni più tardi.

"Anche Mussolini parlava di patria, anche i repubblichini che nel marzo del '44 arrestarono mio padre e fracassandolo di botte gli gridavano se-non-confessi-domattina-ti-fuciliamo-al-Parterre. Anche Hitler. Anche Vittorio Emanuele III e Badoglio. Era patria la loro o la mia? E per i francesi la patria qual è? Quella di De Gaulle o quella di Pétain? E per i russi del '17 qual era? Quella di Lenin o quella dello zar? Io ne ho abbastanza di questa parola in nome della quale si scanna e si muore. La mia patria è il mondo e non mi riconosco nei costumi e nella lingua e nei confini dentro cui il caso mi ha fatto nascere", proseguì la giovane Oriana, già allora combattiva, polemica, e - come lei stessa ammise - con una marcata vena utopistica.

E ancora: "Confini che cambiano a seconda di chi vince o chi perde come in Istria dove fino a ieri la patria si chiamava Italia sicché bisognava uccidere ed essere uccisi per l'Italia ma ora si chiama Iugoslavia sicché bisogna uccidere ed essere uccisi per la Iugoslavia. Invece di darci il tema sul concetto di questa patria che cambia come le stagioni, perché non ci date un tema sul concetto di libertà". Già, la libertà. Quel concetto così prezioso la scrittrice fiorentina non lo abbandonò mai in tutta la sua carriera. Diversamente, da adulta, avrebbe articolato un pensiero più elaborato rispetto al senso di appartenenza a una cultura e a una civiltà. La nostra civiltà. Ma soprattutto rispetto all'orgoglio di essere italiani e di condividere, con il resto dell'Europa e gli Stati Uniti, uno stile di vita che possiamo chiamare occidentale. Di questi ideali Oriana Fallaci fu strenua difenditrice.

E il suo tema di maturità? "Successe un finimondo.

Alcuni dei professori che componevano la commissione esaminatrice sostenevano che ero pazza e immatura, altri che ero savia e insolitamente matura. Vinsero i secondi e mi dettero dieci meno", rammentò la stessa Oriana in quel suo aneddoto.

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