"Un truffatore ha distrutto la vita di mia madre". Il racconto di Valeria Marini ai giudici

A processo con l'accusa di truffa il produttore cinematografico Giuseppe Milazzo Andreani che avrebbe sottratto con un falso investimento 350 mila euro alla madre di Valeria Marini. La testimonianza in aula della showgirl che ha raccontato la triste vicenda

"Un truffatore ha distrutto la vita di mia madre". Il racconto di Valeria Marini ai giudici
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La cifra si aggirerebbe intorno ai 350 mila euro, un bel po' di soldi investiti in bitcoin, che Gianna Orrù, mamma della showgirl Valeria Marini avrebbe consegnato al produttore cinematografico Giuseppe Milazzo Andreani tra il 2018 e il 2019 e mai più visto. Dopo una lunghissima vicenda e numerose interviste in cui la donna e sua figlia hanno raccontato il raggiro, il 50enne è ora a processo con l'accusa di truffa, per aver convinto la donna a investire il proprio denaro con la promessa che le avrebbe non solo restituito il capitale, ma anche che ne avrebbe ricavato profitti elevati.

La testimonianza della Marini

Ieri, 30 settembre, in tribunale c'era anche Valeria Marini che davanti al giudice monocratico ha raccontato come testimone quello che è accaduto: "Questa persona ha distrutto mia madre, che essendo una donna d’onore si vergognava di essere stata raggirata al punto di rifiutarsi persino di aprirmi la porta di casa", ha spiegato profondamente turbata.

L'uomo secondo i racconti della Marini le sarebbe stato presentato dalla sua segretaria come un produttore che voleva girare un cortometraggio, L'ultimo applauso, che doveva essere distribuito nel 2016. "Sosteneva - ha spiegato - che avrei potuto interpretare una parte e che per il progetto avrebbe utilizzato i fondi Imaie. (l’istituto mutualistico per la tutela degli artisti). Mi aveva anche detto che aveva girato il video del mio matrimonio - con l’imprenditore Giovanni Cottone - ma io non mi ricordavo di lui".

Ha poi aggiunto: "Ha presentato la domanda a nome mio, percependo 15 o 20 mila euro. Mia madre, dopo aver visionato il corto, lo aveva contattato perché sosteneva che non fosse venuto bene e aveva chiesto alcune modifiche in fase di montaggio. Dopodiché, si è sempre occupata lei della faccenda perché io ero impegnata in altre trasmissioni. Con lei, Milazzo ha sempre avuto un atteggiamento ossequioso e la contattava spesso per cercare di stringere un rapporto di lavoro, ma non si è mai presentato come intermediario finanziario".

Il "finto" investimento

Successivamente il produttore avrebbe suggerito alla madre della Marini l'investimento. La showgirl si rende conto che qualcosa non va qualche tempo dopo, quando vede la madre sempre più giù di morale, ma già a quel punto la cifra sottratta si aggirava già sui 200mila euro: "All’inizio non sapevo cosa avesse, ma la vedevo sempre giù di morale e ho pensato a qualche problema di salute. Poi mi ha raccontato tutto, ma nutriva la speranza che il suo denaro le fosse restituito soprattutto per una questione d’onore".

Dopo la confessione della Orrù, la figlia interviene cercando di aiutarla: "Le ho dato casa mia perché non poteva nemmeno pagare l’affitto e ho ingaggiato un investigatore privato, perchè Milazzo sosteneva di essere stato truffato da un certo Andrea Inturri, trader finanziario che lo aveva convinto a investire in bitcoin".

Ma questo fantomatico signor Inturri non esisteva: "Era un trucco - ha spiegato la Marini al giudice -per apparire agli occhi di mia madre come una persona a sua volta truffata". In questa brutta vicenda parte lesa anche l'attice co-protagonista del corto Aurora Messina, che era stata contattata proprio dal produttore per prendere parte al progetto, a fronte di un versamento di 20mila euro. La donna però per "vergogna" non aveva mai denunciato.

Il procedimento archiviato

Al momento la questione è ancora sospesa e non si sa come possa andare a finire, lo scorso gennaio il gip Angelo Giannetti ha archiviato il procedimento avviato dalle querele sporte dalle due donne perché, si legge: "Non è certa la circostanza che la mancata distribuzione del cortometraggio sia dipesa dal dolo

iniziale dell'indagato. Né che le somme di denaro corrisposte dalle querelanti non siano state effettivamente impiegate da Milazzo Andreani per la produzione dell'opera, sebbene in termini rivelatisi poi improduttivi".

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