
Il principe Harry si è presentato alla Royal Court of Justice di Londra per contestare la decisione dell’Home Office di revocargli la scorta durante le visite nel Regno Unito. Finora i verdetti dell’Alta Corte sono sempre stati sfavorevoli al duca: la ragione principale è la Megxit, l’abbandono dei ruoli ufficiali da parte dei Sussex, avvenuto nel 2020, che li ha esclusi dalla ristretta cerchia dei “working members” della royal family. Nonostante ciò Harry è determinato a far valere quello che ritiene un suo diritto, adducendo la motivazione di presunti, gravi rischi a cui andrebbero incontro la moglie e dei figli qualora mettessero piede nel Regno Unito.
Harry non si arrende
L’8 aprile 2025, nelle ore in cui Carlo III e Camilla partecipavano ai loro primi impegni ufficiali a Roma, il principe Harry era a Londra, alla Royal Court of Justice, per il ricorso contro la decisione dell’Home Office (il Ministero dell’Interno britannico) di togliere a lui, alla moglie Meghan e ai figli il diritto automatico alla security per i viaggi nel Regno Unito dopo le dimissioni dai ruoli ufficiali nel 2020. L’udienza, ha spiegato l’Ansa, è durata due giorni e si è tenuta parzialmente a porte chiuse (in particolare la le audizioni del 9 aprile), in modo da tutelare il principe, mantenendo segreti alcuni dati reputati sensibili sul suo conto e sulla sua famiglia. Dalle prime informazioni trapelate, però, sembra che la Megxit sia stata addirittura una scelta obbligata per i Sussex, certi di essere in pericolo nel Regno Unito.
“Un trattamento ingiustificato”
Stando a quanto rivelato dall’Independent il principe Harry sarebbe arrivato a Londra lo scorso 6 aprile, poche ore prima della partenza di Carlo III e della regina Camilla per l’Italia. Durante il primo giorno di audizioni alla Royal Court of Justice l’avvocato del duca, Shaheed Fatima, ha subito messo in dubbio la validità e la legalità dell’operato del Ravec, (cioè l’Executive Committee for the Protection of Royalty and Public Figures, il comitato a cui l’Home Office delega le questioni relative alla sicurezza di reali e vip) nei confronti di Harry. Il legale, riporta Sky.com sostiene che il Ravec avrebbe agito con una strategia studiata “su misura” per il principe, senza neppure tentare di appurare in maniera concreta il livello di rischio a cui i Sussex sarebbero esposti nel regno: “[Il principe] non accetta che ‘su misura’ significhi ‘migliore’”, ha contestato l’avvocato, sottolineando: “È stato sottoposto a un trattamento diverso, ingiustificato e inferiore”.
“Costretti ad andarsene”
Gli avvocati del duca hanno anche presentato un documento scritto in cui i Sussex parrebbero addossare buona parte della responsabilità delle loro dimissioni all’Home Office e, più in generale, al governo britannico. Harry e Meghan “si sono sentiti costretti a fare un passo indietro”, riporta il questo documento, citato dal People e da Sky.com, perché “non erano stati protetti dall’istituzione”. Tuttavia non è chiaro cosa intendano effettivamente i duchi con il termine “protetti”. Detto in un’altra maniera, cosa li avrebbe convinti di essere in pericolo nel regno? Si trattava forse di una sensazione o ci sarebbero stati episodi ben precisi? Non dimentichiamo, poi, che il presunto problema della security sarebbe legato anche ai rapporti dei Sussex con la royal family, sebbene venga spesso presentato esclusivamente come una questione tra l’Home Office e Harry. Non sappiamo se Harry consideri Carlo III responsabile della revoca della scorta, ma pare di intuire che lo giudichi almeno un complice silenzioso di questa decisione.
“Diverso”
Sia per quel che riguarda la security, sia per quel che concerne la faida familiare e la Megxit il ragionamento di base presentato da Harry è più o meno lo stesso: si sarebbe sempre sentito e sarebbe sempre stato trattato da “spare”, da ruota di scorta intrappolata in un ambiente giudicato “soffocante”. Parlando delle procedure del Ravec, persino l’avvocato Shaheed Fatima menziona e accosta i termini “diverso” e “inferiore”. Questo sarebbe il concetto chiave per Harry: non aver ricevuto il sostegno, l’aiuto, la protezione a cui avrebbe avuto diritto solo per una questione cronologica, in quanto secondogenito, quindi non destinato a regnare e, per questo, condannato, diciamo così, a un ruolo meno rilevante per la famiglia e per il governo. Ma anche in questo caso quanto dell’idea del principe si basa su fatti concreti e quanto, invece, su sensazioni create da una certa inclinazione al vittimismo?
Al Qaeda e l’inseguimento a New York
L’avvocato di Harry ha rievocato due aneddoti, riportati da Gb News, che dovrebbero dimostrare i pericoli a cui i Sussex andrebbero incontro senza un’adeguata scorta: il primo riguarda delle minacce di morte ricevute da al-Qaeda, secondo cui il principe “deve essere ucciso” poiché il suo “assassinio accontenterebbe la comunità islamica”. Tuttavia andrebbe ricordato che l’intera royal family può trovarsi nel mirino di gruppi terroristici. Il secondo riguarda il controverso inseguimento a New York del maggio 2023. Dopo aver partecipato a un evento allo Ziegfield Theatre, dove la duchessa era stata premiata con il Women of Vision Awards, l’auto dei Sussex sarebbe stata tallonata “per due ore” da paparazzi molto aggressivi. Un inseguimento “pericoloso”, ha detto l’avvocato di Harry, che ha aggiunto: “L’indagine ha evidenziato una sconsiderata inosservanza delle leggi sulla circolazione stradale e un comportamento ripetutamente rischioso e inaccettabile da parte dei paparazzi”. All’epoca il portavoce dei Sussex, citato dal Guardian, definì l’accaduto “quasi catastrofico”. Eppure la dinamica e la portata dei fatti vennero ridimensionate dalla polizia di New York, sottolinea SkyTg24 e il tassista che accompagnò Harry e Meghan quella sera, intervistato dalla Bbc, bollò l’intera storia come “esagerata”.
La risposta dell’Home Office
Per Sir James Eadie, legale del Ministero dell’Interno, le parole “su misura” e “diverso”, applicate al trattamento ricevuto da Harry, non sono sinonimo di “inferiore”, ma hanno un’altra sfumatura di significato. L'avvocato, infatti, ha spiegato che date “le circostanze particolari” relative al rango e alle scelte di vita del duca un “approccio personalizzato” sarebbe stata l’unica possibilità. Ciò non implicava che “la sicurezza personale dello stesso tipo precedentemente offerto non sarebbe più stata fornita in nessun caso”. In effetti già nel 2023 l’Home Office assicurò che la necessità della scorta per i Sussex, durante eventuali viaggi nel Regno Unito, sarebbe stata valutata “caso per caso”. Durante la prima udienza gli avvocati del governo hanno dunque sostenuto che le sue lamentele sarebbero “legalmente irrilevanti”. A tal proposito l’esperto reale Richard Fitzwilliams, intervistato da Gb News, fa notare che la questione della scorta non sarebbe stata una sorpresa per il principe: “Non c’è dubbio sul fatto che quando Harry si dimise gli venne detto che la sua sicurezza sarebbe stata considerata caso per caso”.
“Finanziati privatamente”
Gli avvocati del duca hanno insistito sull’idea dei royal part-time proposta dai Sussex nel 2020, specificando che la coppia avrebbe voluto “continuare a svolgere i doveri [ufficiali] a supporto della defunta regina [Elisabetta] come membri della royal family finanziati privatamente”. Già all’epoca Elisabetta II spiegò che non era possibile essere un reale a metà, non sarebbe stato concretamente attuabile: un working member della Corona britannica, infatti, non può vivere dall’altra parte del mondo, scegliere quando e come partecipare gli eventi pubblici ed essere finanziato anche con i soldi dei contribuenti. Non è un comportamento coerente. Lo stesso discorso vale per la security pagata, appunto, dai cittadini.
“Vita a rischio”
Nel secondo giorno di udienza, lo scorso 9 aprile, l’avvocato Shaheed Fatima, citato dall’Independent, ha replicato alla versione dei fatti fornita dall’Home Office, ribadendo: “Non si deve dimenticare la dimensione umana di questo caso. C’è una persona, seduta dietro di me, la cui vita è a rischio. C’è una persona, seduta dietro di me, a cui è stato detto di aver avuto un trattamento speciale, su misura, mentre lui sa e ha sperimentato un trattamento che è evidentemente inferiore”. La questione si trascina ormai da anni. Tutto è iniziato nel febbraio 2020, circa un mese dopo la Megxit, quando il Ravec decise di revocare la scorta del principe: questi e sua moglie non erano più membri attivi della royal family quindi, secondo il governo non avevano più diritto allo stesso livello di sicurezza garantito agli altri esponenti al servizio della Corona britannica. Harry e Meghan, puntualizza l’Independent, fecero sapere di aver “finanziato privatamente le misure di sicurezza” per la loro famiglia, anche perché il presidente Trump (allora al primo mandato) chiarì che gli Stati Uniti non avrebbero sborsato neanche un centesimo per la protezione dei Sussex.
Una lunga storia
Il 20 settembre 2021 il duca di Sussex intraprese la sua battaglia legale contro l’Home Office che, specifica ancora l’Independent, “è legalmente responsabile per le decisioni del Ravec”. Il 18 febbraio 2022, durante l’udienza preliminare, l’avvocato del principe, Shaheed Fatima, sostenne di fronte all’Alta Corte di Londra che Harry avrebbe voluto portare i figli nel regno, ma “non si sente al sicuro” dopo la revoca della scorta. Le guardie del corpo finanziate privatamente dai Sussex non avrebbero potuto garantire la loro incolumità, poiché non avevano la necessaria giurisdizione in Gran Bretagna e, di conseguenza, non potevano accedere alle informazioni di intelligence fondamentali per il lavoro di protezione. Harry propose di pagare da sé la scorta fornita dal Ministero dell’Interno, ma la sua offerta venne rifiutata dopo essere stata giudicata “irrilevante”. Gli avvocati dell’Home Office, poi, specificarono che “la protezione personale offerta dalla polizia non è disponibile sulla base di un finanziamento privato”.
“Ingiustizia procedurale”
Il 7 luglio 2022 i legali di Harry lamentarono una “ingiustizia procedurale” nelle decisioni del Ravec, poiché al duca non sarebbe stata data “una chiara e completa spiegazione” sulla composizione e il processo decisionale del Ravec. Di conseguenza gli sarebbe stata negata l’opportunità di fare delle “rimostranze informate in anticipo”. Gli avvocati dell’Home Office evidenziarono che le decisioni riguardanti la sicurezza di Harry nel Regno Unito sarebbero state prese “caso per caso”, ovvero prima di ogni viaggio in patria. Il 16 maggio 2023 il principe chiese al tribunale di prendere di nuovo in considerazione la sua proposta di pagare la scorta, considerata dal Ravec “non appropriata”. Il giudice decise di respingere l’offerta.
L’ultima fase
Il 5 dicembre 2023 Harry dichiarò: “È stato con grande tristezza che sia io, sia mia moglie ci siamo sentiti costretti a dare le dimissioni…Il Regno Unito è la mia casa…è fondamentale per il retaggio dei miei figli e un luogo in cui voglio che si sentano a casa…Ciò non può accadere se non è possibile garantire la loro sicurezza quando sono sul suolo britannico”. E ancora: “Non posso mettere in pericolo mia moglie e…sono riluttante…a mettere a rischio…me stesso”. Il 15 aprile 2024 venne negata al principe la possibilità di ricorrere in appello e gli furono addebitate le spese processuali. Il 6 giugno successivo, però, la Corte d’Appello ammise il ricorso di Harry. Difficile dire chi vincerà in questa battaglia.
Forse l’esperto reale Richard Fitzwilliams ha colto la vera origine della questione, al di là dei vincitori e dei vinti: “[Quando] leggi [il memoir di Harry] Spare ti ritrovi a percepire la sensazione di qualcuno traumatizzato dalla morte della madre”.
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