- Dagospia spiattella le foto di Giorgia Meloni e Andrea Giambruno alla recita della figlia Ginevra a scuola. Cosa sorprende davvero? Che lei è imbacuccata nel suo piumino bianco al pari delle altre signore sedutele al fianco. Lui invece resiste al freddo con camicia sbottonata e semplice giacca. Eroe.
- Sulla storia della giovane ragazza uccisa a Treviso, si potrebbe anche dire che la povera Vanessa - oltre che dal suo assassino - è stata uccisa anche dalla burocrazia. Il procuratore, dopo la denuncia per stalking, aspettava la relazione tecnica sui telefonini. Dossier che però non era ancora arrivato in quanto il caso venne valutato “non urgente”, quindi lasciato in fondo alla fila dei faldoni. Un errore, a posteriori. Ma che rivela come l’enorme mole di lavoro dei magistrati e i passaggi burocratici costringano i pm a fare delle scelte. Che spesso possono essere fatali.
- Capisco l’indignazione per la sentenza inflitta all’assassino di Saman Abbas: 14 anni di carcere per aver strozzato una ragazzina sembrano effettivamente troppo pochi. Ma sbaglia chi paragona questa vicenda e quella del gioielliere Mario Roggero. Sì, lo so: il povero cristo che s’è difeso dai ladri farà più anni di cella dello zio di Saman. Ma il motivo è banalmente matematico: Mario Roggero ha ucciso due rapinatori, non solo uno, e ha ferito un terzo. Le cose sono troppo distanti per essere paragonate. Non vi piacerà, ma state cadendo in errore.
- La Corte Ue sblocca la Superlega, che Uefa e Fifa avevano fermato sul nascere con una manovra un tantino ricattatoria. Ai tifosi non piacerà, e nemmeno al sottoscritto, perché il bello del calcio è che le piccole possano sognare un giorno di essere grandi. Anche solo per un anno. Però, signori miei, business is business. E già altri sport sono andati in quella direzione (Eurolega di basket, dove si accede solo di diritto o se invitati). La cosa migliore sarebbe trovare una via di mezzo: garantire gli investimenti dei grandi club e lasciare spazio a qualche promozione. Senza guerre intestine.
- Ieri dicevamo: per punire Chiara Ferragni il modo migliore è smettere di seguirla e considerarla una diva. Devo aggiungere una cosa: che l’influencer perda 100mila o 200mila follower su 30 milioni, conta davvero poco. Quello che invece può preoccuparla è che la gente smetta di strafogarsi con i suoi video, di vederla come una famiglia felice e perfetta, la donna che protegge le donne e fa beneficenza. Va insomma fatta scendere dal piedistallo e quello, occorre ammetterlo, sta avvenendo o è già avvenuto dopo il pandoro gate. A farle “male” non sarà il calo di follower, ma il colpo che sta subendo alla reputazione. Se i brand smettono di affidarsi a lei per rifarsi l’immagine di fronte alla platea giovane e social, saranno guai per il fatturato. Inoltre, quanto successo potrebbe farle raggiungere il suo pubblico con una credibilità diversa. Volente o nolente, per rifarsi la facciata dovrà faticare a bestia.
- C’è anche un altro dettaglio da considerare. Nello scarno, molto scarno, comunicato con cui la Safilo ha silurato Chiara Ferragni si specifica solo la “violazione degli impegni contrattuali”, e cioè il rispetto di “principi di correttezza e buona fede della condotta”. Qual è il problema? Che spesso questa clausola viene inserita in gran parte dei contratti. Quindi Safilo potrebbe essere la prima azienda a chiudere la collaborazione. Ma non l’ultima.
- La maggioranza non ratifica il Mes. No di Lega e Fratelli d’Italia. Possiamo discutere di mille cose, se sia giusto oppure no. Ma faremo notare solo due dettagli. Primo: il Mes non scompare, resta quello vecchio che fino ad ora quasi nessuno ha chiesto.
Secondo: ricordo gli articolo di Repubblica&co che spernacchiavano Meloni e il governo di essersi “piegati” all’Ue sul Mes e di aver mancato le promesse elettorali fatte un anno fa. Oggi che le “mantengono” parlano di “ritorsione italiana”. Fate pace col cervello.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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