
Pietro Innocenti, da 13 anni alla guida di Porsche Italia, chi meglio di lei può dire cosa è cambiato in questo lasso di tempo.
“Lo scenario in cui lavoriamo è cambiato tantissimo, per Porsche come per gli altri brand automotive. Quando sono arrivato nel 2012, l’elettrificazione era agli albori: esisteva solo una versione ibrida non plug-in di Panamera e non esisteva ancora Macan, che è stata introdotta nel 2014. Successivamente sono arrivati i primi plug-in con Cayenne e la nuova generazione di Panamera, quindi nel 2019 la prima Porsche full electric, la Taycan, che oggi è affiancata dalla nuova Macan. Quindi, rispetto a 13 anni fa,abbiamo tre famiglie di prodotto in più, che per un brand come il nostro rappresentano un’evoluzione importante.
A che punto è la transizione?
“Un terzo della nostra gamma è completamente elettrificato. È un periodo di grande trasformazione, in cui tutti si interrogano su cosa succederà nei prossimi mesi e nei prossimi anni, tanto i costruttori quanto i consumatori. Noi facciamo del nostro meglio, prima di tutto cercando di fare educazione attorno a queste nuove tecnologie che, come tali, hanno bisogno di essere spiegate. Bisogna sperimentarle e viverle con test drive di almeno una settimana, quindi diversi da quelli che si sono fatti fino a poco tempo fa, necessari per conoscere e apprezzare il prodotto. Questa è una rivoluzione per i nostri concessionari, che diventano sempre più dei consulenti. Sono cambiate le esigenze dei clienti e nella formazione che eroghiamo e nel tipo di eventi che organizziamo c'è una costante sperimentazione”.
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Intanto però siamo fanalino di coda in Europa, come se lo spiega?
“Se facciamo il confronto con altri paesi in cui la mobilità elettrica si è sviluppata più rapidamente rispetto all’Italia, quello che da noi è mancato è stata la volontà politica di assecondare questa transizione. Basti pensare che per arrivare ad avere una capillarità sufficiente delle infrastrutture di ricarica ci abbiamo messo più di 5 anni. Oggi siamo sicuramente messi meglio, ma non siamo ancora al livello di altri paesi europei. In paesi come la Norvegia o anche l'Olanda è stata presa una chiara decisione politica di muoversi in quella direzione, quindi non solo si è investito prima nell’infrastruttura, ma ci sono stati anche incentivi che hanno portato molte più persone all'acquisto di un'auto elettrica”.
Cosa è successo invece in Italia?
“Non possiamo dire che non ci siano stati incentivi anche da noi, ma sono sempre stati episodici, intermittenti, e non hanno garantito un orizzonte temporale che desse la percezione ai consumatori che ci fosse una reale volontà di andare in quella direzione. In più, abbiamo ascoltato una narrazione piena di negatività nei confronti dell'auto elettrica. Io faccio sempre il paragone con gli albori della rivoluzione industriale, quando i cosiddetti luddisti distruggevano i telai meccanici perché credevano non favorissero la creazione di posti di lavoro. L’atteggiamento oggi è simile: si pensa che l'auto elettrica distruggerà la tradizione del motore termico e la grande industria automotive italiana, che in realtà si è contratta moltissimo per ragioni che non hanno a che fare con l'arrivo dell'elettrico. Ritengo che, se si fosse abbracciata la transizione con maggiore convinzione, oggi non saremmo nella situazione in cui siamo”.
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Quindi lei è un sostenitore degli incentivi
“Penso che siano utili perché la diffidenza va vinta anche sul piano economico. Queste vetture sono ancora più costose rispetto a quelle tradizionali perché scontano delle economie di scala che non si sono ancora realizzate. Allo stesso tempo, non dimentichiamoci che abbiamo il parco auto più anziano d'Europa; per funzionare, gli incentivi devono quindi essere strutturali e devono essere mantenuti per un periodo di tempo tale da consentire al consumatore di fare dei ragionamenti. L'automobile è l'acquisto più importante per una famiglia dopo la casa, non si fa sull'onda dell'emotività o in un pomeriggio, ma si pianifica. Sapere che ci sono dei supporti in tal senso è fondamentale.
In rete ci sono i sostenitori dell’elettrico e i “No Watt”
“Direi che c’è una sola fazione, perché oggi chi guida un'auto elettrica è parte di una minoranza assoluta, soverchiata da una mole sicuramente molto più rumorosa di No Watt, chiamiamoli così, che quasi sempre un'auto elettrica non l'hanno neanche mai guidata. La maggior parte di coloro che si scaglia contro l'elettrico non conosce questi prodotti. C’è ancora molto lavoro da fare per creare un “effetto valanga” per far capire che in realtà c’è molto di positivo”.
Ma secondo lei l'Europa può giocare ancora una partita e in che ruolo?
“L'Europa, nonostante le sue difficoltà in termini di coordinamento e di visione unitaria, secondo me può fare tanto: prendendo coscienza del fatto che un'intera industry può subire pesanti conseguenze, non potrà far altro che constatare di dover correre necessariamente ai ripari. Le multe sicuramente in questo momento non aiutano e bisogna trovare un meccanismo affinché vengano posticipate, o comunque venga corretto il tiro. Soprattutto devono esserci delle idee a livello industriale, si deve decidere cosa vuole essere l’industria automotive a livello europeo, si devono definire delle strategie, dei posizionamenti rispetto a quello che succede in America e in Asia. Sicuramente non deve andare perso il grande bagaglio di conoscenze che l'Europa ha in campo automotive, ma deve essere rapidamente spinto a evolversi verso le nuove tecnologie.
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Quali sono i risultati di cui andate più orgogliosi nel 2024 e quali sono i prossimi obiettivi?
“Aver superato le 8000 vetture consegnate (8.223) è molto importante: non è solo un record di vendite, che ci consente di rimanere al terzo posto a livello europeo come mercato singolo dopo Germania e Regno Unito, ma è anche un traguardo simbolico. Come mi piace definirlo prendendo in prestito il linguaggio degli scalatori, è il nostro primo ottomila. Rimanendo in tema di risultati commerciali, sono particolarmente orgoglioso del fatto che l'anno scorso il 13,6% delle nostre vendite sia stato full electric, ovvero più del triplo rispetto alla penetrazione nazionale e addirittura un dato più alto della stessa Porsche AG, che si è attestata a un punto percentuale sotto di noi. Questo era difficile da prevedere. Infine, il rinnovamento che stiamo facendo della Client Experience è un risultato di cui sono altrettanto orgoglioso.
C’è altro?
“L'anno scorso abbiamo lanciato l’esperimento ‘The Flat by Macan’, una novità assoluta di cui siamo molto contenti”.
La sfida più vicina?
“Per il 2025, sviluppare ulteriormente il mercato delle elettriche, con Taycan e Macan, e capitalizzare su una gamma che abbiamo quasi totalmente rinnovato l’anno scorso.
Ma chi sono i clienti Porsche che si avvicinano all’elettrico?
“Sono persone molto sensibili alle novità tecnologiche e alla sostenibilità, che allo stesso tempo apprezzano le caratteristiche tipiche del marchio, come l'esclusività, le prestazioni e il design”.
Com’è cambiato il cliente Porsche nel corso degli ultimi anni?
“Al cliente tradizionale, che da generazioni acquista la 911, si sono aggiunte altre tipologie sin dai primi anni 2000, grazie all’arrivo di Cayenne prima, Panamera poi e infine Macan.
È immaginabile una 911 elettrica un domani?
Al momento no.
Quest'anno, con la GTS, abbiamo introdotto una novità importante, ovvero un sistema ibrido di derivazione motorsport, quindi molto fedele a quello che è il DNA di questo modello. Nei prossimi anni vedremo l'arrivo di altre sportive con motorizzazione full electric, mi riferisco alla 718. Sulla 911 al momento non c'è nessun piano”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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