Milano - Una vita appesa a una penna, a una macchia di inchiostro su una pagian bianca. Ci sono posti, in Italia, dove se racconti la verità rischi la vita. È un problema di libertà, è un problema di
democrazia, ma è anche il terrore che ingabbia
le vite di chi, in Calabria, è in prima linea.
Cronisti minacciati dalla 'ndrangheta. La mafia
più potente e sottovalutata del nostro Paese
raccontata attraverso le storie di chi ogni giorno
ne dà notizia. E ci sbatte il muso. Scrivanie che diventano avamposti di libertà e giustizia, trincee dalle quali ci si può difendere solo con la parola.
Se un articolo diventa una condanna a morte Bastano due lettere, una sigla, per firmare la propria condanna a morte. Volti
sconosciuti col vizio di chiamare le cose
col loro nome, animati dal desiderio di
normalità. E tanto basta per esporsi al pericolo.
Non ci sono eroi in Avamposto, libro inchiesta di Roberta Mani e Roberto Rossi pubblicato per i tipi di Marsilio, ci sono solo persone a
rischio per aver creduto nel diritto di cronaca.
La loro colpa, quella di vivere troppo, troppo
vicino alle ville dei mammasantissima.
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