«Avevo con me lo stipendio e voleva più soldi»

Avevano pattuito la cifra per il rapporto. Ma poi lei, la prostituta romena di 24 anni trovata morta in un bagno dell’hotel California, ad Ariccia, ha giocato al rialzo. Voleva di più, ha proposto un’altra prestazione. E il prezzo è lievitato. Lui, un ragazzone robusto, amante della palestra, con qualche deficit all’udito e alla vista, ha rifiutato. Ed è scoppiata la lite.
Gli uomini della mobile hanno chiarito la dinamica della morte della ragazza, Laura Tanasie Izabela, che non è stata sgozzata, come detto in un primo momento, ma uccisa da un violento colpo alla testa contro l’angolo di un mobile. Quando è stato trovato il corpo, appoggiato al muro del bagno, aveva il capo reclinato, e il sangue sgorgava copioso dal naso. Un arma sul luogo del delitto c’era davvero, ma era il coltello a serramanico che la giovane ha usato per minacciare il cliente, non l’arma del delitto. Massimiliano R., 24 anni, residente a Genzano, ha una famiglia normale alle spalle e un lavoro da operaio. Venerdì era giorno di paga e in auto aveva la busta con lo stipendio. Quando dopo aver concordato la prestazione la prostituta sale a bordo, forse vede la busta e il suo contenuto, comunque crede che quel tale abbia il portafogli gonfio. Concluso il primo rapporto, così, cerca di convincerlo a spendere di più. Lui non vuole e nel tentativo di divincolarsi la spinge facendole sbattere la testa. È un tipo robusto e l’esito di quel colpo sarà fatale. Il ragazzo cerca di scuotere la giovane, che dà qualche segno di vita, poi niente più. In preda al panico la porta in bagno, poi lascia l’albergo. Va a casa, prepara uno zaino per fuggire ignorando la mamma che cerca di fermarlo. I genitori saranno fondamentali per la cattura.

Saranno loro, facendo credere al figlio che la ragazza è solo ferita, a convincerlo ad incontrare gli investigatori. Durante la notte un lungo interrogatorio. Racconta tutto, a tratti non ricorda, sicuramente non ha ancora capito bene quello che è successo. Alla fine chiede al magistrato: «Ora posso andare a casa?».

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