A Bagdad il boom delle pompe funebri

Marta Ottaviani

La guerra è una sciagura. E su questo non ci sono dubbi. Ma è altrettanto inoppugnabile che qualcuno, quando arriva questa disgrazia, si sfrega le mani. Se c’è una categoria di persone a Bagdad a cui la guerra non dispiace affatto, è di sicuro quella dei proprietari di pompe funebri.
Da quando, nel febbraio scorso, l’attentato alla moschea di Samarra ha provocato l’inasprimento della guerriglia e il numero dei morti è aumentato in modo esponenziale, per loro è iniziata una macabra quanto redditizia pacchia. Gli unici ad aver superato le divergenze fra sciiti a sunniti a Bagdad sembrano proprio loro.
Qualsiasi sia il loro credo i clienti possono contare su un servizio rapido (i funerali nella tradizione islamica non possono tirare troppo per le lunghe e quindi la variabile tempo è fondamentale) e accurato. Parola di Radhwan Mizaal Ali, che nel 1982 aveva avviato una piccola attività di servizi funebri e oggi conta sei negozi e un numero crescente di richieste. Numeri che potrebbero concorrere con una catena di fast-food.
«Ogni volta che risuonano i tamburi della guerra - ammette - il nostro business prospera». E visto che il fiuto per gli affari sembra essere la più internazionale fra le doti, Ali si è messo a offrire tutta una serie di servizi per rendere il funerale il più completo possibile. Per chi può permette di spendere 100 dollari al giorno, il pacchetto lusso comprende tutto quello che può occorrere per i tre giorni di lutto imposti dalla tradizione musulmana. Sedie per le prefiche, altoparlanti per diffondere i versetti del Corano e persino i piatti per il rinfresco che segue il funerale.
Fanno festa anche i produttori di bare, come spiega Abbas Hussein Mohammed. Nel suo negozio in Haifa Street, mentre mostra le sue bare di legno, spiega che la richiesta è aumentata vertiginosamente negli ultimi mesi, soprattutto a causa dei numerosi attentati e gli omicidi che insanguinano le strade della capitale. E per dare le cifre del business ammette, candido come una rosa, che ai tempi di Saddam si lavorava molto meno. «Sotto Saddam - dice Abbas - si facevano una o due bare al giorno e il loro prezzo si aggirava sui 5-10 dollari». Oggi è tutta un’altra musica. Le bare prodotte sono di media 10-15 e il loro prezzo medio è di 50 dollari. Quando si dice fare fortuna sulle disgrazie altrui.
Un vero e proprio boom economico che sembra giovare a più categorie professionali. Ne sa qualcosa Alaaa, 50 anni, di professione prefica e che è stata costretta a insegnare il mestiere a una delle sue figlie perché da sola non ce la faceva a sostenere la mole crescente di lavoro. «Non ne posso più di fare tre funerali al giorno» ammette la donna, che per il suo lavoro prende circa 50 dollari.


Racconti e numeri che danno un’idea di come sia degenerata la situazione in Irak. Secondo il ministero della salute, luglio è stato il mese più cruento dal 2003, con oltre 3400 vittime. Cifre sulle quali gli operatori funebri di Bagdad certo non si augurano che cali presto un velo pietoso.

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