Balasso, lo strano Ercole

Matteo Failla

Una volta con un titolo del genere, Ercole in Polesine, le porte dell’ospedale psichiatrico si sarebbero spalancate per il nuovo ospite: ma i tempi per fortuna son cambiati, e questa sera Natalino Balasso potrà portare in scena con tranquillità quest’ultima sua fatica all’ex Paolo Pini – nell’ambito della rassegna “Da vicino nessuno è normale”, organizzata dall’Associazione Olinda con il contributo del Settore Giovani del Comune di Milano -, senza rischiare un “non ritorno” perché forzatamente trattenuto.
Il Mito raccontato con accento veneto poteva venire in mente sola lei
«È vero – dice Natalino Balasso – tutto nasce da una profonda passione per il mito greco, che è così vicino alla nostra realtà. L’idea di Ercole nel Polesine è nata dallo stupore nell’aver scoperto un giorno, leggendo miti e racconti, che i Greci bazzicavano dalle parti del Po nei loro viaggi, tanto che gli Argonauti si persero su quelle rive a causa della nebbia, mentre si narra che Fetonte vi cadde dentro. L’attualità del miti è poi innegabile: Fetonte che vuole guidare il carro, e lo prende di nascosto, è come un ragazzino diciottenne che frega la macchina al papà».
I riferimenti bibliografici dello spettacolo sono di primo ordine: per la maggior parte si tratta di saggi sul mito.
«Il mio spettacolo viaggia su differenti livelli, in modo che ne possano godere tutti gli spettatori. Coloro che conoscono il mito potranno apprezzarne lo “scavo” compiuto, cosa che magari non si sarebbero mai aspettati da un monologo divertente, coloro che invece ne hanno solo un’infarinatura generale saranno comunque in grado di apprezzare il racconto».
Il suo allontanamento dalla Tv è sempre più marcato.
«In televisione è sempre più difficile proporre cose nuove e intelligenti. Non mi sono mai voluto reputare un “impiegato televisivo” e così ho deciso di allontanarmi, mantenendo solo i contatti con la Gialappa’s: sono gli unici a proporre una comicità ancora intelligente».
Per questo se ne è andato da Zelig appena ha saputo che sarebbe diventato un show in prima serata?
«Esattamente. Lo Zelig in seconda serata mi era congeniale: ai tempi sentivo che era arrivata una ventata d’aria fresca in tv. Poi si è trasformato in un varietà, al pari dei pacchi di Bonolis: e questo Zelig a me non piace. Sono rimasto scioccato il primo anno che hanno organizzato in estate Zelig in Tour, ancora ai tempi della Hunziker. Mi sono rifiutato di partecipare: 15mila persone pigiate nelle piazze guardavano un maxischermo per vedere cosa succedeva sul palco: l’atto di morte del cabaret live».
È un fantasma che vuole scacciare, questo Zelig?
«Era una bella parentesi, ma di una carriera che si è sempre nutrita di teatro: e continuerà a farlo.

Ad essere sinceri credo che il cabaret sia la più bassa tra le forma di comicità: continuerò a prediligere il monologo teatrale. E poi non farò mai parte di quella televisione fatta di televendite-vip: coloro che la fanno si “prostituiscono”».

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