Bankitalia, il no di Tremonti blocca il risiko

Berlusconi cerca la "quadra" sulla nomina del governatore. L'alternativa è fra Saccomanni e Grilli. Ma potrebbe spuntare un outsider. Ministri furiosi per i tagli di 6 miliardi ai dicasteri. Lettera del premier: nell'esecutivo scelte più collegiali per limitare lo strapotere di Tremonti

Bankitalia, il no di Tremonti blocca il risiko

Roma - Resta l’impasse sul successore di Mario Draghi alla guida della Banca d’Italia. Con Giulio Tremonti che rafforza il pressing in favore di Vittorio Grilli e con il futuro presidente della Bce che insiste invece su Fabrizio Saccomanni, gradito non solo al Quirinale ma anche al Consiglio superiore di Palazzo Koch che ieri ha fatto quadrato sul suo direttore generale. E con Silvio Berlusconi che resta in una posizione mediana, tanto che questa settimana non sarà convocato il Consiglio dei ministri.
Il Cavaliere, infatti, se da una parte incassa l’ennesima maggioranza qualificata con la Camera che respinge la mozione di sfiducia a Saverio Romano («considerando anche le assenze giustificate siamo a 325 voti, abbastanza per fare le riforme e andare avanti fino al 2013», dirà più tardi incontrando il ministro dell’Agricoltura), dall’altro è costretto a una giornata di mediazione sulla nomina del governatore. Prima in un faccia a faccia a Palazzo Chigi con Draghi, cercando di spiegare al presidente in pectore della Bce che su Saccomanni non c’è alcun veto da parte sua, ma il problema è Tremonti. E poi sorbendosi il ministro dell’Economia che insiste invece sul nome del direttore generale del Tesoro. Un scontro, quello sulla Banca d’Italia, che in molti attribuiscono ai difficili rapporti che da sempre intercorrono tra Draghi e Tremonti. Con il primo che vuole evitare di ritrovarsi a Francoforte senza avere un rapporto privilegiato con la «sua» banca centrale e il secondo che teme di essere «commissariato» non solo da Draghi, ma anche da un governatore della Banca d’Italia «ostile».
Il premier al momento resta alla finestra, ben consapevole che l’asse Draghi-Napolitano è decisamente più forte di quello Tremonti-Bossi. E già, perché ancora una volta il ministro dell’Economia trova la sponda del leader del Carroccio che, seppure a modo suo, sostiene Grilli «non fosse altro perché è di Milano». La motivazione, certo, è deboluccia. Ma il dato politico resta. Tanto che c’è chi non esclude l’ipotesi che il premier possa sottoporre al Consiglio superiore di Bankitalia entrambe i nomi, il che significherebbe spianare la strada a Saccomanni cercando di non «bocciare» Grilli. Una soluzione che pare però piuttosto pasticciata. Ecco perché qualcuno rilancia la possibilità dell’outisder: o Lorenzo Bini Smaghi o Ignazio Visco. Si vedrà.
Quel che sembra certo, invece, è che lo stallo non si risolverà in pochi giorni visto che - racconta più d’un ministro - Tremonti sta facendo «pressioni fortissime» per Grilli. Alla fine, però, i più sono pronti a scommettere sulla nomina di Saccomanni visto che il sostegno di colui che dal primo novembre deciderà da Francoforte i destini dei titoli di Stato italiani non è certo un dettaglio.
Nel frattempo, si apre su Tremonti - e questa volta anche su Berlusconi - l’ennesima crepa nel governo. Visto che non c’è un ministro uno che non sia andato su tutte le furie per il Dpcm che dispone sei miliardi di tagli ai ministeri. L’ha firmato il titolare di via XX Settembre, come al solito senza consultare nessuno (l’entità dei tagli era nella manovra, ma non la ripartizione tra i diversi dicasteri). Ma ci ha messo la faccia il Cavaliere quando ieri pomeriggio ha controfirmato il provvedimento che Tremonti gli aveva portato a Palazzo Chigi. E il malessere è montato per tutta la giornata, non solo perché dopo i fuochi d’artificio degli ultimi giorni in molti si aspettavano magari non la cabina di regia ma almeno quella maggiore collegialità nelle decisioni di politica economica auspicata da tempo. Ma anche perché non è stata compresa la decisione del premier di «metterci la faccia».

Forse è anche per questo che Berlusconi ha in mente di inviare di inviare una lettera a tutti i ministri nella quale spiegare come funzionerà tecnicamente l’annunciata collegialità della quale dovrebbero farsi carico lo stesso premier e Gianni Letta facendo da interfaccia agli altri membri del governo.

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