Baseball Milano, una sfida iniziata 60 anni fa

L’allenatore: «Rinforzeremo la rosa. Ma ci manca il tunnel per esercitarci a battere»

Se si trovasse una cassa di monete d'oro la si potrebbe investire per rimettere in scena allo stadio Kennedy la sequenza più suggestiva de «L'uomo dei sogni», film-culto per gli amanti del baseball. Quella in cui un pugno di giocatori dell'altro ieri, con splendide divise d'epoca, scivolano fuori dai campi di mais e ricominciano l'eterno gioco del batti e corri. Intorno allo storico diamante milanese il mais non c'è, ma due domeniche fa, quando il Milano - la squadra di baseball più antica d'Italia - ha festeggiato i sessant'anni di vita, avrebbe fatto un certo effetto rivedere personaggi come Franco Milesi o Sergio Setti, due dei pionieri del club, con i pantaloni a sbuffo e lo stemma ovale sul cuore come d'uso dopo la guerra o Gigi Cameroni, scomparso da poco, con le E di Europhon sul berretto, omaggio al suo Milano che vinse tre coppe dei Campioni sul far degli anni '70.
Loro non potevano esserci, ma a celebrare l'appuntamento sono accorsi molti amici, anche da lontano, come Ken Wolff, campione d'Italia 1962. Sessant'anni non sono pochi, soprattutto se si fa sport in questa città, culla del baseball italiano, come dell'hockey o del rugby, ma poi madre dall'amore tiepido. Eppure, nel romanzo rossoblù ci sono otto scudetti, vinti fra il 1958 e il 1970, sei titoli internazionali (tra cui la coppa Coppe e la Supercoppa europea 1992), tre coppe Italia. E poi stranieri come il lanciatore hawaiano Lono o gli ex-professionisti Morrison e Randle, italiani come le mazze alla dinamite Gandini e Bianchi, allenatori quali Mauro Mazzotti, ora finalista scudetto a Grosseto.
Il Milano di oggi, sponsorizzato Puntolis e Siconair, esce da un quarto posto in B con una squadra che ha gente come Anedda e Spinosa, reduci dell'ultima avventura in A1 (1998, 7° posto e argento in coppa Coppe, autoretrocessione per problemi di sostentamento) e giovani cresciuti in casa. «La B è stata più selettiva degli anni scorsi - spiega Raoul Pasotto, 17 stagioni da esterno nel Milano, allenatore dal 2003 - e noi l'abbiamo affrontata con pochissimi lanciatori e il problema del Kennedy: il campo è in cattive condizioni e manca il tunnel per allenarci a battere». I Rams di hockey inline, che hanno avuto il Kennedy di via Olivieri in gestione dal Comune, assicurano che ne faranno due. «In inverno andremo sul mercato per potenziare la rosa - prosegue Pasotto - e chissà che in questa Milano multietnica non si trovi qualche straniero che giochi a baseball. Vogliamo offrire ai ragazzi del vivaio una prospettiva più stimolante, quindi vogliamo tornare in A2».
Che non è il top ma la contraddizione dello sport milanese è nota: solo la crema fa gola al pubblico e la crema, o si compra, o si fa in casa. «L'A1 costa troppo - taglia corto Ennio Paganelli, direttore tecnico - e anche se trovassimo i finanziamenti rischieremmo un'avventura effimera, non la prima. Meglio lavorare sul vivaio: abbiamo oltre cento ragazzi, germogli che hanno però bisogno di quattro o cinque anni per fiorire».

E l'attività giovanile del Milano, che comprende anche il softball per le ragazze, prosegue d'inverno, stagione di allenamenti con palline soffici nelle palestre di via Constant 19 e piazza Abbiategrasso (info: 02-7386536, www.milanobaseball.it). La cassa di monete d'oro andrebbe investita qui. Arrivederci fra sessant'anni.

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