Bassolino a Veltroni: se crollo io crolla tutto

Il presidente della Regione si sfoga con D’Alema: "Spiega a Walter che se mi mollano sono guai anche per lui". Poi ammette: potrei lasciare ma il come e il quando li decido io

Bassolino a Veltroni:  
se crollo io crolla tutto

Roma - Dopo l’ultima litigata telefonica con Walter, ’o governatore non vuole sentire più nessuno. Ha tagliato i fili, eccezion fatta per l’amico Massimo (D’Alema). «Devi fargli capire che se mi mollano, sono guai per tutti. Crollo io, crolla il mondo». Tramite il neo-assessore regionale Claudio Velardi, tramite il ragionevole alter-ego veltroniano Goffredo Bettini, così il presidente della regione Campania manovra per la personale resistenza. Si sente in guerra, vuole «combatterla a testa alta». Disertare è il verbo usato da Antonio Bassolino, che non ci sta a concludere nella munnezza un quindicennio sugli altari.

Nulla è escluso, neppure di poterci ripensare, «ma il come e il quando lo decido io, a buriana passata». A vuoto le pressioni dello stato maggiore del Pd, che ancora ieri con Fassino gli ha chiesto esplicitamente un «segnale di responsabilità». Ma il governatore da quest’orecchio non ci sente e non teme di seppellire sotto la sua montagna di rifiuti l’intera campagna elettorale del Pd. «Stiamo per fare la più grande rimonta della storia», ha esagerato ieri Veltroni. Slogan che, visto il braccio di ferro in corso, rischia di suonare piuttosto come un’arrampicata sulla montagna di rifiuti.

Il Viceré in disarmo, intanto, tenta l’arrocco: scaricare su tutti le responsabilità significa sollevarsi dalle sue. Il suo atteggiamento irremovibile, che nel Pd può contare ormai soltanto su una fragile sponda dalemiana, ha fruttato ieri qualche tentativo di ammorbidimento dei toni. Bettini ha provato a sostenere le (irragionevoli) ragioni del governatore. Prima una sfilza di complimenti personali: «Rispetto la sua decisione di rimanere e metto la mano sul fuoco sulla moralità di Bassolino come persona. Lo conosco da anni: un tempo si sarebbe detto che è uno splendido compagno di lotta...». Poi l’insostenibile tesi fatta propria dal luogotenente di Veltroni: «Tutti i partiti che la sostengono sono responsabili di quella giunta. C’è una coalizione, se Bertinotti pensa che si debba andare alle urne, leva l’appoggio a Bassolino e il discorso è chiuso. Perché dev’essere il Pd a decidere?». Lunga la lista dei correi: dalle giunte di destra e sinistra ai commissari succedutisi negli anni, al «comportamento di ministri come Pecoraro che hanno reso più complicata la soluzione dei problemi».

Ma stavolta, con il governatore sotto processo, ha avuto facile gioco la Sinistra Arcobaleno a difendere il ministro dell’Ambiente. «Il veleno che il Pd cerca di spargere in questa campagna elettorale è insopportabile - ha reagito Giovanni Russo Spena -. Cercano di scaricare le colpe della situazione rifiuti sugli ambientalisti per coprire Bassolino che non si vuole dimettere...». «Bettini ha superato il limite della decenza», si è ribellato Angelo Bonelli. «Dichiarazioni ignobili», ha rincarato la dose Manuela Palermi. E il senatore Tommaso Sodano, che con le sue denunce ha aperto il coperchio dell’inefficienza bassoliniana, ha giudicato «gravissimo» che Bassolino si ostini a non fare alcuna autocritica e che Bettini cerchi di coprirlo attaccando Pecoraro Scanio, «che è stato in carica per appena 18 mesi e non aveva responsabilità di governo quando furono prese le decisioni cruciali». Il bassolinismo in Campania, ha concluso, «è finito non solo per l’emergenza rifiuti, ma per l’intera gestione del potere».

D’altronde che il «ciclo sia finito» e che occorra «andare rapidamente alle elezioni» è la tesi ribadita ancora ieri dal candidato premier della Sa, Fausto Bertinotti. Richiesta oramai diventato coro assordante da parte del centrodestra e non solo.

«Per primi nell’Unione abbiamo chiesto le dimissioni di Bassolino, per quello che ha fatto e soprattutto per quello che non ha fatto», ha rivendicato il socialista Enrico Boselli. Primogenitura contesa dal dipietrista Donadi, che insiste a chiedere un «gesto forte di discontinuità». Ma don Antonio da quest’orecchio ancora è totalmente sordo. Resiste resiste resiste, chissà per quanto.

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