Bavaglio a orologeria

La nostra classe politica è maestra nel cogliere al balzo le occasioni. Poteva dunque sfuggire agli onorevoli signori il pretesto di Vallettopoli per poter mettere il bavaglio ai giornalisti? Ovviamente no. Approfittando del turbamento che le immagini del portavoce unico del governo accostato a un trans hanno generato in opinionisti dal cuore delicato, deputati e senatori si apprestano a varare una legge che oltre alla mordacchia metterà pure le manette ai cronisti. In nome della privacy di lorsignori (infatti si sono svegliati solo quando il problema delle intercettazioni ha toccato un parlamentare, mentre in precedenza della riservatezza dei comuni mortali, fossero imprenditori o attricette, non importava un fico secco neppure all’usciere di Montecitorio), pubblicare una conversazione telefonica sarà punito con una pena da 6 mesi a tre anni. Riferire di indagini in corso su questo o quello, anche senza riportare atti giudiziari, costerà ai reporter da uno a tre anni di carcere.
Come vi hanno già raccontato i nostri Michele Brambilla e Salvatore Scarpino, preparatevi a leggere le nostre lettere dal carcere. Non siamo emuli né di Silvio Pellico né di Antonio Gramsci, ma ci manca lo stomaco per piegare questo nostro mestiere a una legge vergognosa (questa sì liberticida, altro che quelle di Silvio Berlusconi presentate dai giornali in coro come attentati alla libertà di stampa e alla Costituzione). I dettagli della norma ve li risparmio, perché li hanno già spiegati meglio di me i colleghi. Se i tromboni della privacy volessero tutelare davvero la sfera privata basterebbe un articolo composto da un solo comma: il magistrato non può usare né mettere nei fascicoli fatti non penalmente rilevanti, notizie che attengono alla sfera privata. Ma invece di legare le mani ai giudici, Mastella e compagni - e anche qualche simpatico amico del centrodestra - preferiscono legarle ai giornalisti. È più facile e più efficace. E si fa anche prima.
Pensate solo alla straordinaria coincidenza di una legge che arriva giusto in tempo per impedire la divulgazione delle intercettazioni telefoniche del caso Unipol-Bnl. Ve le ricordate? Il 31 dicembre 2005 e il 2 gennaio 2006 questo giornale riportò la conversazione tra Piero Fassino e Giovanni Consorte: «Abbiamo una banca?», chiedeva il segretario dei Ds all’allora presidente della compagnia d’assicurazione delle Coop. I nostri articoli alzarono il velo sui maneggi dei compagni intorno all’alta finanza. I Ds strillarono, come d’abitudine, al complotto; il procuratore capo di Milano, competente sulle intercettazioni, fu costretto a scrivere che quelle telefonate erano ininfluenti, che non riguardavano l’indagine. Roba marginale, insomma. Talmente marginale che in un anno e quattro mesi qualche magistrato ha tentato più di una volta di togliere dall’armadio blindato i dischetti contenenti le chiacchiere dei parlamentari con Consorte, ma c’è sempre stato qualcosa di più importante da fare (se c’è di mezzo Berlusconi a Milano sono più veloci di una saetta, ma quando si tratta del Botteghino oscuro non c’è fulmine che rischiari la vicenda).
Un paio di settimane fa le telefonate rosse sono riemerse. I Pm le hanno portate al Gip, chiedendo che siano trascritte e che sia chiesta alle Camere l’autorizzazione a utilizzarle nei processi. Il giudice per le indagini preliminari, Clementina Forleo, ha disposto la trascrizione di 45 telefonate. Ce ne sono alcune di Fassino, altre di Massimo D’Alema, un certo numero di colloqui tra Consorte e La Torre, il fidato collaboratore del ministro degli Esteri. Chissà cosa si dicevano gli improvvisati banchieri rossi, quelli che volevano una banca. Chissà di cosa parlavano quegli uomini politici che si sono sempre fatti vanto di non avere conflitti di interessi e che invece scopriamo avere solo interessi senza conflitti. A meno che Il Giornale non riesca a mettere le mani sulle intercettazioni nelle prossime settimane, tutte queste domande sono destinate a restare senza risposta.

La legge di Mastella metterà i compagni al riparo dalle curiosità di noialtri ficcanaso. Fatta la norma, avremo tappata la bocca. Ma se credono di strapparci la penna si sbagliano. In carcere si ha tanto tempo libero e non è detto che per lorsignori sia un bene.

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