Beffa continua: la "caravaggite" colpisce ancora Inviato a Cuba il Narciso-bufala per una mostra

L’attribuzione al Merisi è crollata ma si continua a spacciare il celebre quadro come autentico. E ora viene rifilato all’ignaro Fidel per una strana mostra

Beffa continua: la "caravaggite" colpisce ancora 
Inviato a Cuba il Narciso-bufala per una mostra

Quando si voglia parlare di omertà, di frode e di inganno, non sarà difficile indicarne un esempio nella vicenda della «trasferta del Narciso a Cuba» (cioè la mostra in cui dal 23 settembre fino al 27 settembre saranno esposti, all’Avana, il Narciso e 12 tele di caravaggeschi). Chi è il Narciso? Un dipinto che, poco tempo dopo la morte di Roberto Longhi (1890-1970), insigne studioso di Caravaggio, viene indirizzato verso il più probabile autore, certamente un caravaggesco, che esprime la sua vocazione lirica e contemplativa rispetto alla pittura d’azione del maestro. La nuova attribuzione si è imposta, con piena evidenza, da quando, nel 1974, Cesare Brandi evocò il nome dello Spadarino in modo persuasivo. Provai a dirlo anche in televisione, quasi tre anni fa, a un Bondi e un Vespa esterrefatti che si compiacevano di vedere per la prima volta un Caravaggio in uno studio televisivo.

La burla continua. Ma stavolta i pataccari sono ancora più agguerriti nonostante il clamoroso precedente che fingono di ignorare, e, benché consapevoli, si accingono a inviare con una delegazione italiana a Cuba il Caravaggio che non è Caravaggio.

A Cuba lo attendono a braccia aperte, accompagnato da un corteo di allievi e seguaci. Ma non possono pensare che almeno il Narciso non sia opera di Caravaggio. Glielo garantiscono tutti e, probabilmente male informato dai tecnici che lo assistono (non è suo dovere conoscere la storia di ogni dipinto, pur notevole), anche il ministro dei Beni culturali Giancarlo Galan. Il quale mostra di non sapere che il Narciso non è più ritenuto opera di Caravaggio da nessuno studioso, e che anche l’ultima sostenitrice dell’attribuzione - senza fondamento documentale - Rossella Vodret, l’ha isolato ed esaminato autonomamente rispetto alle opere certe del pittore.

Ma per la trasferta a Cuba, riabilita le proprie minacciate certezze. In verità, negli ultimi trent’anni, nessuno storico dell’arte autorevole ha riproposto e rivendicato (se non sul piano di una remota suggestione iconografica) la remunerativa autografia di Caravaggio non essendo disdicevole che un’opera sia di un valoroso maestro come lo Spadarino, sia pure meno conosciuto e meno quotato.

Ma, adesso, in ambito di celebrazioni, è arrivato il momento di tirare il «pacco» a Cuba, e i furboni si mobilitano, con aria compunta e grave, esaltando l’iniziativa come «intrigante momento di politica estera» e «parte di una strategia politica complessiva». Non si capisce bene quale se non di diffondere una falsa idea di Caravaggio e della sua identità artistica e biografica. Cambiare un artista con l’altro, e per di più in assoluta malafede, non è segnale di «grande attenzione per il momento politico e storico che Cuba sta attraversando», sembra piuttosto una presa per il culo calcolata, alle spalle di un paese esotico e senza credibili possibilità di smascherare la piccola truffa alla Totò. Tutti lo sanno, nessuno lo dice.

Ed è clamoroso che a questo gioco si presti con compassata ipocrisia, conoscendo benissimo la storia, Paolo Conti, giornalista del Corriere della Sera che, come nessun altro, sta dentro le cose del ministero e conosce perfettamente la storia critica e il dubbio e la dubbiosa, se non insostenibile attribuzione del Narciso a Caravaggio, della quale ostinatamente tace, in un articolo di due giorni fa sul quotidiano, senza la benché minima allusione alla spinosa questione, che potrebbe essere risolta con una problematica e imbarazzante didascalia: «Attribuito a Caravaggio».

Dietro questo atteggiamento c’è un sostanziale disprezzo per il partner cubano, sicuri che ringrazierà del «pacco» senza obiettare o discutere, e che quindi è inutile sottilizzare. Tanto qualche studioso o sovrintendente si presterà a offrire garanzie. E poi, appena scomparso Maurizio Marini, chi può veramente dire se un’opera sia o non sia di un pittore morto 400 anni fa? Caravaggio era grande.

E si può sempre evocare, anche per lui, Walt Withman: «Mi contraddico? Benissimo, mi contraddico. Sono vasto. Contengo moltitudini». O, analogamente: «Se Caravaggio è morto tutto è permesso».

E chi ci può smentire? Più in Italia che a Cuba. Ma tanto, a Cuba, non possono pensarlo. Purtroppo Sgarbi esiste.

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