Berlusconi al contrattacco: «Certi pm peggio di Tartaglia»

RomaVa in crescendo, come spesso gli accade. E nel dì del ritorno a Palazzo Chigi, dopo aver sbirciato il presepe e archiviato il primo Consiglio dei ministri del 2010, Silvio Berlusconi sale man mano di livello. Parte di fioretto, subito dopo tocca di spada, infine chiude di sciabola, arrivando a definire più gravi le aggressioni subite da certi pm rispetto al lancio della statuetta del Duomo, scagliatagli sul muso da Massimo Tartaglia.
Così, tanto per cominciare, il Cavaliere smentisce l’ipotesi di un decreto blocca-processi, nel caso in cui l’imputato voglia accedere al rito abbreviato: «Siamo arrivati alla conclusione che la sentenza 333 della Corte Costituzionale possa essere applicata direttamente dai giudici, senza bisogno di un’interpretazione del governo attraverso un atto legislativo». Poi rilancia sulla riforma complessiva della giustizia, necessaria e urgente «perché con il sistema che abbiamo, il nostro Paese è il fanalino di coda rispetto a tutte le altre democrazie e ai Paesi civili». E si prepara pian piano all’affondo: «Sulla legge per il cosiddetto processo breve - afferma - ci sono state calunnie e menzogne», perché «si dovrebbe chiamare legge sul processo lungo, dal momento che il processo resta il più lungo in Europa, anche se d’ora in poi con tempi certi».
Segue il piatto forte: una lunga disamina, chiusa da una citazione latina. «Abbiamo imposto come nuova priorità della politica, non soltanto il principio di non rubare, ci mancherebbe altro - sottolinea il premier -, ma soprattutto la linea di mantenere gli impegni assunti durante la campagna elettorale con i nostri elettori» e «questa è la differenza rispetto agli altri, che ci contraddistingue da quando siamo scesi in campo, visto che non siamo professionisti della politica».
Ma proprio «per questo motivo, siamo ancora considerati truffatori dagli altri politici di professione, che ci portano degli attacchi». E «per quanto mi riguarda - rintuzza il Cavaliere - sapete cosa mi dicono sul piano politico, mentre su quello giudiziario non dobbiamo proprio parlarne: si tratta di aggressioni parificabili, se non peggiori, a quanto subìto in piazza Duomo». Per capirci, aggiunge il presidente del Consiglio, «mi hanno attaccato sul piano personale con una character assassination messa in campo da tempo, poi mi hanno attaccato pure sul piano patrimoniale. Non resta che attaccarmi sul piano fisico, come hanno cominciato a fare... Ma non prevalebunt!».
A parte la nuova stoccata alle toghe rosse, Berlusconi approfitta delle telecamere per chiarire ulteriormente la posizione dell’esecutivo sul «caso» decreto. «Leggendo che il governo avrebbe varato un provvedimento “blocca processi” - riferisce in conferenza stampa - ho detto in Cdm che ci vorrebbe invece un decreto “blocca calunnie”, perché questo fanno i giornali nei confronti dell’attività di questo governo». Poi, entrando nello specifico della sentenza della Consulta, che consente di rendere «tutti i cittadini alla pari davanti alla legge», aggiunge: «Immagino sia chiaro a tutti quanto sia importante che un cittadino possa chiedere il rito abbreviato, che dà diritto a uno sconto di un terzo della pena ma che è consentito soltanto a inizio del processo, quando vi siano poi nuove contestazioni da parte dei pm».
Tanta carne al fuoco, dunque, nelle prossime settimane. Senza contare la riproposizione, all’interno della riforma complessiva della giustizia, di uno dei vecchi pallini del Cavaliere, che segue la ratio della Legge Pecorella, poi cassata dalla Corte costituzionale. Ovvero: «L’inappellabilità delle sentenze di assoluzioni in primo grado».

Una misura, spiega il premier, per frenare quei pm che per «puntiglio», «invidia personale o «pregiudizio politico» ricorrono sempre in secondo grado. Perché «dobbiamo insistere, affinché un cittadino, giudicato innocente da un tribunale, non debba essere più richiamato in appello o in un processo di Cassazione».

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