Roma - «Questa non è la nostra manovra, non è la manovra del Pdl, deve essere chiaro. La votiamo solo per senso di responsabilità». Silvio Berlusconi riunisce per oltre due ore l’ufficio di presidenza del Pdl per avere un confronto diretto con lo stato maggiore del suo partito e discutere sulla strategia da tenere sulla manovra firmata da Mario Monti. Un faccia a faccia reso necessario dai provvedimenti lacrime e sangue firmati dall’esecutivo che certo non accendono entusiasmi tra gli uomini di Via dell’Umiltà. Ma anche dall’esigenza di indicare una via ai tanti parlamentari disorientati dal sentiero stretto sul quale il partito di maggioranza relativa si trova costretto a muoversi.
«Non c’erano alternative al sostegno al governo Monti. Se fossimo andati al voto anticipato avrebbero detto che ero io il responsabile della crisi» spiega il presidente del Pdl. «Noi non faremo mancare il nostro sostegno. Ma deve essere chiaro che il Pdl è il principale supporto del governo che deve dunque tenere conto di noi». Berlusconi invita, dunque, a cercare di promuovere modifiche alla manovra in Commissione, visto che il ricorso alla fiducia viene dato pressoché per scontato dall’ex premier. L’indicazione è quella di tentare di incidere sulla formulazione dell’Imu anche perché avere su 30 miliardi 9 di tasse sulla casa non viene considerato equo. Per questo il Pdl - la missione è stata affidata a un gruppo di 5 esponenti del partito che avranno il compito di preparare eventuali emendamenti - dovrà impegnarsi per correggere l’Ici e fare pressing per ottenere l’introduzione di una sorta di quoziente familiare ad hoc. La ricaduta politica di queste misure non viene dunque sottovalutata. Ma Angelino Alfano sottolinea come la complessità del momento investa in maniera speculare, se non in maniera più drammatica, il Partito democratico. «Il nostro compito è complesso e difficile, ma non è più facile quello del Pd, sebbene loro abbiamo vissuto, specialmente i primi giorni, sui festeggiamenti della caduta del governo Berlusconi» spiega il segretario. «Noi, da questo punto di vista, abbiamo beneficiato, almeno nelle prime tre settimane, dello stagliarsi fulgido dell’imbecillità del Pd, con tutte le battute finite nel vuoto sullo spread che sarebbe crollato con le dimissioni del nostro esecutivo».
Berlusconi, a questo punto, chiede a tutti di rialzare la testa e tornare a lavorare sul territorio, vivendo la stagione dei congressi come un’occasione per riprendere pienamente contatto con il territorio. «La linea della responsabilità, dopo un iniziale sbandamento sta passando presso il nostro elettorato. Questo atteggiamento di responsabilità ci sta premiando. Nell’ultima settimana ho guadagnato otto punti di apprezzamento personale. Non dobbiamo mai dimenticarci che nel 2006 siamo stati in grado di recuperare 13 punti. Possiamo vincere. Il Pdl è ancora il primo partito d’Italia, siamo al 28,1% e abbiamo concrete possibilità di aggiudicarci anche le prossime elezioni». Un pensiero che si accompagna a una indicazione operativa. Berlusconi chiede, infatti, ai due capigruppo di «avviare subito un tavolo di lavoro sulla legge elettorale che valuti anche eventuali proposte di modifica dell’attuale legge». Una apertura sorprendente, visto che il Pdl ha sempre detto di aspettarsi dal governo Monti solo misure d’emergenza e nessuna riforma «politica». Ma evidentemente con la scadenza del pronunciamento della Consulta sul referendum, in arrivo a gennaio, non ci si può far trovare impreparati.
Sulla riunione aleggia, poi, il fantasma della Lega che nella nuova veste di partito d’opposizione può intercettare con molta maggiore facilità gli umori dell’elettorato. Berlusconi rassicura a più riprese i presenti. «La Lega sta facendo opposizione e pubblicamente ci definisce ex alleati, ma dai singoli ho rassicurazioni quotidiane della loro vicinanza. Sta facendo solo tattica.
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