nostro inviato allAquila
Non è un passaggio di consegne di routine. E non c'è spazio per le polemiche. C'è commozione, invece. E ci sono le lacrime, bipartisan, con Stefania Pezzopane che non riesce quasi a parlare quando ricorda la scossa del 6 aprile, complice un filmato che ripercorre gli ultimi dieci mesi di vita all'Aquila, che parte proprio con «quel rumore che ci ha espulso dalle nostre case». Non è una cerimonia come un'altra, quella che va in scena a Coppito, nel pomeriggio, all'auditorium dell'ormai nota caserma della Guardia di finanza. C'è dolore e speranza nel «cerino» che Guido Bertolaso, presto ministro per volere del premier, consegna al governatore abruzzese, Gianni Chiodi. Da lunedì commissario del governo, delegato alla ricostruzione post-terremoto, a capo di «una squadra», visto che «non ci sarà un solo uomo al comando».
Dolore, quindi, nelle parole di chi sale sul palco e negli applausi della platea, che tributa un'unica e lunga standing ovation al capo della Protezione civile, pronto a fare gli scatoloni. Come testimoniano gli operai che sin dal casello autostradale iniziano a rimuovere i cartelli con il simbolo del dipartimento di Palazzo Chigi che fronteggia le emergenze.
Lacrime ma anche sorrisi. Sorrisi per la sfida dei prossimi anni, nella speranza che si segua come esempio il «lavoro comune» portato avanti da tutte le istituzioni scese finora in campo. D'altronde, assicura Silvio Berlusconi, che snocciola con calma il suo intervento, senza alzare stavolta il tono della voce, «tutti possono guardare al futuro con assoluta serenità». È questo «l'impegno del presidente del Consiglio e del nuovo ministro». Già, nuovo ministro. Un annuncio a sorpresa, lanciato dal Cavaliere, che rende merito al sottosegretario, con l'intenzione di elevarlo quanto prima di rango. «Dopo l'exploit straordinario che Guido ha fatto in questi dieci mesi - premette il premier - il minimo che possiamo dargli come riconoscimento e merito è la nomina a ministro». Alle emergenze? Si vedrà. Intanto il diretto interessato, salutato il capo del governo, dribbla i cronisti e allarga le braccia: «Io ministro? Ne so quanto voi».
Un fulmine a ciel sereno, che scatena già mille fantasie, collegate in qualche modo, secondo i rumors che si diffondono nel Pdl, alla polemica a distanza con Hillary Clinton e gli Stati Uniti, in merito a gestione e organizzazione dei soccorsi per Haiti. Capitolo su cui Bertolaso apre una parentesi: «I nostri uomini che in questi dieci mesi sono intervenuti per contrastare l'emergenza sisma all'Aquila sono gli stessi che ora viaggiano sulla nave Cavour» verso la nazione caraibica. «Un'altra occasione», dopo «la solidarietà e l'intelligenza d'interventi» già offerte, con la quale «il dipartimento e l'Italia potranno portare il nostro aiuto».
Si ritorna ai problemi di casa nostra. «È questo il tempo giusto per passare alla seconda fase», spiega Bertolaso, visto che «noi, come Protezione civile, abbiamo concluso la nostra missione. Consegno, quindi, all'amico Chiodi una fiaccola ardente, che può scaldare, ma essendo anche un po' bollente, può bruciare». Comunque, entro fine marzo, prima che sia passato un anno dal tremendo sisma, tutti gli sfollati avranno «un alloggio sicuro».
Si prova a voltare pagina. E si punta ora alla ricostruzione, «lunga e difficile» però, «anche se ci metteremo mano da subito», sottolinea Berlusconi. Che aggiunge: «Vogliamo che parta subito un piano di rilancio economico e inviterò a Roma il commissario e i vice commissari dei comuni colpiti, per varare un vasto progetto e aiutare chi opera nel mondo del lavoro dell'impresa». Un «impegno», prosegue il capo del governo, dinanzi ad una «seconda e a una terza fase che sono ancora più impegnative della prima. Ma tutto quello che è stato fatto è la dimostrazione che noi siamo un grande popolo. E quando ci vogliamo bene e operiamo con amore, siamo capaci di fare cose straordinarie e mirabili. Abbiamo visto quindi all'opera quell'Italia delle persone perbene, di buona volontà e che amano». Uno scenario differente da «quello che leggiamo ogni giorno in troppi giornali, diventati ormai fabbriche di invidia sociale e di odio».
Insomma, è stato un «miracolo», ripete il Cavaliere, che prima di andar via intona insieme a Claudio Baglioni la canzone «Domani» dedicata al dopo terremoto.
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