Bianchini, il 25 gennaio via al processo

Bianchini, il 25 gennaio via al processo

Sarà giudicato con il rito immediato Luca Bianchini, l’ex coordinatore di un circolo del Pd in carcere da quattro mesi con l’accusa di aver violentato tre giovani donne tra l’aprile e il luglio scorsi. Niente udienza preliminare davanti al gip, dunque, ma subito al dibattimento: una procedura a cui si può ricorrere quando la prova del reato è evidente. I difensori non si sono opposti alla decisione della Procura. «Abbiamo deciso di non fare l’abbreviato - commenta l’avvocato Bruno Andreozzi - perché riteniamo di poter discutere il merito della causa anche con l’ausilio di testimoni e di opportune documentazioni». Il processo comincerà il 25 gennaio nell’aula della VII sezione.
È stato il test del dna ad incastrare Bianchini, fino allo scorso luglio ragioniere insospettabile, nonostante una macchia nel suo passato per un fatto analogo finito con un’assoluzione: nel ’97, infatti, fu una perizia che dichiarò la sua temporanea infermità mentale a salvarlo dall’accusa di aver aggredito una vicina di casa. È stata la targa dell’auto che Bianchini usava per seguire le sue vittime, a portare gli investigatori a lui. Il ragioniere ha sempre negato ogni accusa, anche dopo essere stato incastrato dagli esami genetici. Eppure c’è anche il risultato dell’esame dello scotch utilizzato per imbavagliare una delle vittime della violenza ad inchiodarlo: parte di un’impronta digitale corrisponde alle sue. In casa e sul computer, poi, gli inquirenti gli hanno trovato alcune mappe con i futuri «bersagli». I prossimi obiettivi, secondo la Procura. I luoghi prescelti per la sua attività di volantinaggio, ha sempre replicato l’indagato. Sospette anche le 89 fascette di plastica nere da elettricista che gli sono state sequestrate. Sono uguali a quelle utilizzate per legare le vittime. Cosa ci faceva il ragioniere? «Mi servivano per i lavori domestici», ha replicato lui. Nel suo appartamento ancora altri oggetti compromettenti e una collezione di libri e dvd dal contenuto inequivocabile. Bastano due titoli: «Stupri gallery», «Realmente stuprata». Bianchini deve difendersi dall’accusa di aver aggredito e stuprato una donna sull’Ardeatina lo scorso 5 aprile, il 2 giugno un’altra sulla Bufalotta, e il 2 luglio sempre in un garage, una studentessa. I pm Maria Cordova e Antonella Nespola hanno avviato inoltre un’inchiesta stralcio su di lui per accertare se abbia a che fare con altri stupri del passato rimasti senza un colpevole. Per ora gli esami clinici hanno dato esito certo rispetto ad un solo episodio, ma potrebbe aggiungersene un altro. Il ragioniere non ha nulla a che fare invece con lo stupro della Caffarella, nonostante uno dei romeni condannati, Oltean Gavrila, durante l’udienza preliminare abbia raccontato al gip di essere stato istigato a colpire proprio da Bianchini.

Anche l’avvocato Andreozzi nega ogni coinvolgimento del suo assistito nello stupro della Caffarella: «Mi risulta che nei giorni scorsi Gavrila abbia ritrattato davanti al pm l’accusa nei confronti di Bianchini, riconoscendo che il coinvolgimento era una sua torale invenzione».
Dal carcere Bianchini fa sentire la sua voce: «Sono stato incastrato. Inizialmente pensavo si trattasse di un errore, ma adesso sono convinto di essere stato incastrato, anche se non so di chi si tratta».

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