Boldi: voglio essere il Jim Carrey del nostro cinema

L’attore respinge le critiche al suo «Olé»: «Non è vero che è volgare. Per apprezzarlo occorre vederlo due volte»

Allora, caro Massimo Boldi, pentito dal divorzio di De Sica?
«E perché? Non rinnovare la collaborazione con la Filmauro è stata una decisione di grande coraggio e grande umiltà. E poi il successo di Natale a New York non è mica di De Sica...».
Ah no, e di chi è?
«È del marchio. Un marchio prezioso di cui ho fatto parte per ventidue anni e che oggi permette di vivere di rendita».
Quindi, lei dice, è la parola Natale nel titolo che fa da esca?
«Certo. È tutta lì la differenza».
Il suo ex socio Christian De Sica canta vittoria?
«Christian si deve rendere conto di essersi attaccato a un carro vincente. Da solo ha fatto sempre flop. Questo genere di film non è tanto degli attori, ma, ripeto, del marchio, come ha sempre detto De Laurentiis, che tra parentesi sostiene che il cinema italiano vuol dire solo e soltanto commedia. Oggi riconosco che aveva ragione».
Infatti Natale a New York è in cima agli incassi, il suo Olé è secondo ma lontano...
«Però sta crescendo. In alcune città ha incassato la metà, in altre però siamo testa a testa, o comunque vicini».
Un po’ le brucia però non essere più il re degli incassi natalizi...
«Ma no, era previsto. Olé non è un film natalizio in senso classico. Non è facile andare contro la tradizione. E poi forse abbiamo fatto qualche errore».
Sentiamo...
«L’operazione di marketing doveva essere più sostenuta e secondo me doveva partire con maggiore anticipo: troppo poco qualche copertina estiva. Poi forse il racconto ha schiacciato le gag forti. Ma io credo anche che Olé vada visto due volte...».
Addirittura?
«Sì, è un film che spiazza lo spettatore abituato ai tradizionali film di Natale».
Certo che se tutti lo vedessero due volte, raddoppierebbero anche gli incassi...
«Che lagna questa storia degli incassi. L’ho scritto anche sul mio sito che l’incasso non conta nulla. Però se proprio vogliamo metterci lì a fare i conti, Olé è secondo, ma con meno copie e in sale più piccole. E poi Natale a New York è costato sedici milioni di euro, il nostro sette. E si vede».
Non è che i Vanzina e lei abbiate fatto un calcolo sbagliato, certi che il pubblico di Natale sarebbe andato a vedere Boldi più che De Sica?
«No, lo escludo. Il fatto è che il pubblico deve ancora abituarsi a vedere me e Christian in due film diversi. Probabilmente vuole vederci sempre insieme».
Sa che Carlo Vanzina ha telefonato a Christian e ha ammesso: «Il tuo film fa ridere molto più del mio»?
«Può darsi che abbia ragione, non l’ho ancora visto, come del resto Commediasexi. Io sostengo che Olé è sicuramente divertente, con una storia per tutte le famiglie, una fiaba stile Disney».
Eppure l’accusa dice: la storia è debole, si ride poco, ci sono troppe volgarità, la Spagna è la più turistica...
«Sulle volgarità non sono d’accordo. Che si rida meno del previsto già di più».
Cosa c’è che non funziona nella coppia Boldi-Salemme?
«Tra noi due c’è un’intesa eccezionale. Anche se è il pubblico che deve confermarlo. Vincenzo è un grande attore, un compagno eccezionale. Forse è meno incisivo di De Sica nella commedia più facile».
Anche nell’esposizione femminile, Olé è un po’ sottotono. Daryl Hannah è stata bellissima, ma oggi è decotta...
«A parte il fatto che al suo posto ci doveva essere Sharon Stone, che poi ha rinunciato, non occorreva Miss Mondo ma un’attrice che potesse essere la partner credibile di un sessantenne come me».
Alcune critiche invece sono francamente ridicole. Tipo quella dei quattro parlamentari dell’Unione che hanno definito Olé diseducativo per come rappresenta professori e studenti...
«Ma è una polemica che si è sgonfiata da sola. Qualche sera fa da Chiambretti, uno dei quattro, non mi ricordo più chi, ha detto che l’anno prossimo vorrebbe fare un film con me».
In compenso uno dei più illustri esponenti della sinistra, Oliviero Diliberto l’ha esaltata da Mentana, ribadendo: mille volte meglio Boldi di Fellini e Antonioni...
«Diliberto mi ha anche invitato a casa sua. Dice che sono l’attore del popolo, il comico italiano per eccellenza, che per far ridere basta la mia presenza, la mia fisicità».
Manca un anno, ma sta già pensando a qualche nuova strategia per il prossimo film di Natale?
«Sì, è ancora presto per decidere. Comunque sarà un film ancora diverso. Nella mia seconda carriera voglio esplorare nuovi generi e nuovi mondi. Magari non farò nemmeno un film comico..».
Dice sul serio?
«Certo. Guardate Jim Carrey ha fatto il clown per anni, poi è arrivata la svolta con The Truman Show. Io sarò ancora con i Vanzina? Non si sa. Magari farò un film in America, magari in Francia. Non posso neanche escludere di farlo in Italia, da solo».
De Sica ha detto che la stima molto. Lei ricambia il complimento?
«Senz’altro. Penso che le ultime cose che gli sono uscite di bocca siano state forzature dei giornali.

A Natale ci siamo mandati dei messaggini per un reciproco in bocca al lupo».
Non è per rivangare una vecchia polemica. Ma se ci fosse un’idea nuova...
«Con un’idea nuova, bella ovviamente, Christian e io potremmo anche tornare insieme. Fra tre o quattro anni».

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