Bondi: «Il Pdl punta ancora su Galan»

Tanto tuonò, che piovve. Così in Veneto, teatro di un prevedibile quanto incertissimo arrivo elettorale in volata, da giocarsi tutto in famiglia all’interno del centrodestra, ovvero tra Pdl e Lega, arrivò Sandro Bondi. Pioggia educata, senza scrosci, proprio come la sua cifra umana; ma pioggia al tempo stesso vigorosa, che quando serve lava via le incrostazioni, dal momento che il ministro dei Beni culturali - sbarcato ufficialmente in Laguna per la Biennale d’arte - è anche uno dei tre coordinatori nazionali del Pdl. E la sua parola, quindi, pesa.
Ovvero quello che qui serviva, dopo il richiamo all’ordine lanciato da Silvio Berlusconi ai suoi uomini del Veneto. «Datevi da fare e prendete almeno un voto in più della Lega - aveva detto più o meno il Cavaliere - altrimenti il prossimo presidente della Regione toccherà a loro». Una strigliata - non certo un’ammissione di debolezza - che tuttavia non poteva che animare il dibattito politico locale.
Suscitando nel Pdl reazioni orgogliose come quella dell’attuale governatore Giancarlo Galan (proprio oggi sposo a Villa Rudella, la sua mansion tra i Colli Euganei), il quale a mollare, pur se ormai al terzo mandato, non pare proprio intenzionato: «Io sono un simbolo per Berlusconi, sono l’unico in Italia che è stato sempre eletto», ha ricordato giovedì da Padova.
E al tempo stesso aprendo già all’interno del Carroccio - qualora ci dovesse essere quel «voto in più» - un potenziale confronto per la conquista di Ca’ Balbi, nel 2010, tra la componente veronese guidata dal sindaco-sceriffo Flavio Tosi e quella trevigiana (oggi la più forte) impersonata dal ministro dell’Agricoltura Luca Zaia.
«Il presidente Galan ha rappresentato da sempre il simbolo di quel buon governo assicurato dal centrodestra in Veneto e nel Nord», ha precisato ieri Bondi, sottolineando come il governatore «non è soltanto il presidente della Regione, ma anche uno dei leader del Pdl». Quanto alla Lega, «è un alleato che rispettiamo, con cui condividiamo le ragioni del cambiamento dell’Italia», ha diplomaticamente blandito il ministro. Aggiungendo tuttavia, subito dopo, che con il movimento di Bossi «esiste anche, come è naturale che sia, una competizione in cui il Pdl è impegnato a riaffermare anche in queste elezioni il suo ruolo di partito di maggioranza relativa in Italia e nel Veneto».
Un messaggio, il suo, spedito forse all’indirizzo del collega di governo, il leghista Roberto Calderoli, che proprio ieri sulla Padania, citando recenti sondaggi, parlava di «una crescita di consensi per il nostro movimento che è quasi imbarazzante». Aggiungendo poi di dare «per scontato che in Veneto il sorpasso della Lega sul Pdl è già avvenuto, mentre in Lombardia siamo in corsia di sorpasso», quasi a voler mettere le mani avanti per quella (o “su” quella?) tornata che nel 2010 rinnoverà i vertici in Regioni di peso (Piemonte, Lombardia e Veneto, appunto) e dalla quale potrebbe uscire un Nord ridisegnato al termine di una partita circoscritta a due soli giocatori: loro e il Pdl.
Bondi, ieri, ha però ricordato come la scelta di un candidato non dipenda solo dai numeri. Perché se in democrazia i voti contano, ha ribadito con la consueta pacatezza, «ciò che ho detto rimane la nostra posizione e in questo momento siamo ancora più impegnati di prima, se fosse possibile, a riaffermare il primato del Pdl in Veneto e in tutto il Nord». Precisando che «in questo non c’è alcuna venatura polemica verso la Lega» e auspicando che «la competizione ci consenta di ottenere, paradossalmente, un risultato ancora migliore di quello che avremmo potuto ottenere senza questa spiacevole polemica».
Il ministro ha infine riservato una frecciata alla sinistra, definendola «spettatrice di quel che accade nella vita politica veneta e del Nord.

Non è più un attore politico protagonista, ma un comprimario, che osserva le cose importanti che avvengono in politica e tifa di volta in volta, a seconda dei propri interessi, per l’uno o per l’altro dei partiti di centrodestra».

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