Bordate di fuoco amico

Romano Prodi è stato pubblicamente invitato a dare un seguito più trasparente a quanto detto nell’intervista al quotidiano spagnolo El Paìs, nella quale è stato particolarmente polemico nei confronti dei giornali italiani, accusati di essergli ostili, e di forze politiche all’interno della stessa maggioranza e di poteri economici che vorrebbero scalzarlo da Palazzo Chigi. Con chi ce l’aveva in particolare? Il paradosso è che a chiederlo è stato il professor Gianfranco Pasquino, per di più dalla prima pagina dell’Unità, che il presidente del Consiglio aveva indicato come una positiva eccezione.
In un linguaggio militaresco si dovrebbe parlare di “fuoco amico”. Ma, quando si legge che “l’Italia dei misteri fa parte della nostra peggiore storia” e che “un nuovo modo di governare esige il massimo di trasparenza”, è il caso di prendere sul serio il problema che viene posto. Si tratta del problema di una politica, quella della leadership dell’Unione, che appare opaca, circondata da dubbi ed equivoci su tutto, dal caso Telecom ai rapporti con le parti sociali che si oppongono alla Finanziaria, fino all’ultima accelerazione sul Partito democratico. Non si tratta solo di un’immagine, ma di sostanza. E l’opinione pubblica se ne è accorta, al punto che ormai non c’è un solo sondaggio che non dia in caduta libera il gradimento nei confronti del governo.
Dunque c’è un deficit dichiarato di trasparenza. Non è una questioncina da poco in una democrazia. Per cinque anni, dalla vasta area del centrosinistra, con supporti da amici stranieri, si è detto e ripetuto che in Italia esisteva un’emergenza, si è giunti ad affermare che veniva instaurata una dittatura soft. Bene, oggi, a pochi mesi dall’alternanza c’è un presidente del Consiglio, che non è Berlusconi e che allude genericamente all’inquinamento della vita pubblica, contribuendo – come è successo con l’intervista a El Paìs – ad inquinarla ancor di più.
Dove si è prodotto questo deficit? Lasciamo stare il carattere, lo stile, il metodo di Prodi, temi dietrologici. Lasciamo stare anche le difficoltà di una coalizione, segnata da accese rivalità tra partiti e leadership. Piuttosto, tutto sembra essere cominciato nel momento in cui un successo elettorale di strettissima misura, quasi impercettibile, è stato vissuto da Prodi in persona e dai suoi alleati come una svolta nella storia italiana.
Lì è iniziata l’involuzione, nella contraddizione tra la retorica di un potere che si è presentato come salvifico e i numeri parlamentari, tra la pretesa di un’egemonia e la debolezza dell’Unione, tra un leader autorizzato a non compiere scelte precise quando era all’opposizione e vincolato a decisioni chiare nel momento in cui si è insediato a Palazzo Chigi.
La poca trasparenza è cominciata in quel momento. Il resto ne è solo una conseguenza. Il problema sta tutto nell’Unione e nel suo governo. Sull’altro versante, le critiche e le prese di distanza nei confronti del centrosinistra sono esplicite. Non c’è nulla di oscuro nei commenti e nei titoli di giornali che pure si erano schierati in campagna elettorale o nelle dichiarazioni dei personaggi che sono entrati in conflitto con Prodi. È in corso un conflitto politico e sociale in cui da una parte c’è trasparenza e dall’altra, nel governo, c’è opacità e confusione.


Vedremo se e come il presidente del Consiglio risponderà al professor Pasquino, se sarà capace di “diradare dubbi ed equivoci”, dopo la bordata di “fuoco amico”. Il dubbio è che possa scegliere la via della trasparenza, senza riconoscere la crisi di fiducia che lo ha investito e il vizio di origine del governo.

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