«Borsalino»: sulla scena la storia del cappello più famoso del mondo

Le vicende della grande famiglia di Alessandria diventano il pretesto per rievocare un’epoca scomparsa

Matteo Failla

Potrebbe essere definita una narrazione multimediale, oppure più semplicemente uno spettacolo teatrale, ma in realtà Un cappello Borsalino di Ombretta Zaglio (del Teatro del Rimbalzo), è qualcosa di più di tutto questo: il frutto di due anni di intensa ricerca intorno ad una famiglia, i Borsalino di Alessandria, nota in tutto il mondo per la produzione di cappelli.
Una memoria ricomposta da una Zaglio «narratrice» che verrà proiettata questa sera sullo schermo predisposto dal Teatro di Verdura. Spettacolo che ricompone le tracce della memoria attraverso l’utilizzo di una multimedialità che permette al narratore di evocare le emozioni di quel periodo: come se un cantastorie d’altri tempi si proponesse di raccontare una storia ignota ad alcuni e dimenticata da altri, utilizzando le forme ed il linguaggi che gli sono propri.
La storia dei Borsalino offre l’occasione per ripercorrere i tratti salienti di un’epoca che pareva ormai confinata ai libri di storia, soprattutto per le giovani generazioni: la vita dei ragazzi dell’800, l’ emigrazione, l’ industrializzazione, la pubblicità, l’emancipazione femminile, i primi scioperi e soprattutto il vero significato del cappello. «Borsalino» del resto ne era ai tempi un sinonimo «che stava sulla testa di tutti», dagli attori ai gangster fino ad arrivare ai vescovi: era sì una necessità, ma soprattutto un segno di distinzione.
Il progetto nasce dal bisogno di ritrovare le tracce di ciò che è così recente nella memoria, eppur sembra sparito negli spazi della città di Alessandria: scomparsi i luoghi, i macchinari di produzione, e dove un tempo sorgeva la fabbrica oggi ha sede l’Università.


Un cappello Borsalino è frutto del lavoro di ricerca condotto su più fonti contemporaneamente: le interviste agli operai e alla famiglia, la ricerca sul web, gli studi storici, la narrativa, i quotidiani, la biografia esistente, «in modo da ricostruire attraverso il racconto teatrale i fili relazionali che hanno collegato una città ad una fabbrica, un cappello al mondo, tra la metà dell’800 e i primi ‘900», come afferma la stessa Ombretta Zaglio.

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