I segni del martedì nero resteranno a lungo sulla pelle dei tifosi romanisti. Si è capito ieri dalla sequela di sfottò che fanno seguito alla sconfitta di Manchester moltiplicati dagli sms e da internet. Le nuove tecnologie non sono amiche dei tifosi abbacchiati.
I più scornati, naturalmente, sono quelli che a Manchester cerano andati, alimentando a suon di sterline il sogno trasformato in incubo. Loro lorrore lhanno visto da vicino e chi sa che un giorno non diranno ai nipotini «quella sera cero anchio». Alcuni reduci, i più, sono partiti martedì notte per Roma, ancora intontiti dai sette schiaffoni. Altri ieri mattina si aggiravano per Manchester cercando di dimenticare le amarezze calcistiche con un tour di una città peraltro dimenticabilissima. La Roma pensava di fare una passeggiata - racconta Francesco, seduto a un bar - ma gli inglesi se la giocano sempre. Ci voleva più concentrazione e umiltà». E cè anche chi annota tra i suoi ricordi frammenti da cronaca nera. Come Alessandro, che con il figlio tredicenne Emanuele è stato costretto prima del match a trascorrere interminabili minuti schiacciato contro un muro mentre a pochi metri sfilavano minacciosi i tifosi inglesi. «Avevamo tutti i biglietti - accusa - ma ci facevano entrare con il contagocce. Io sono arrivato alle 5 e alle 7 ancora non ero entrato. Cera poca polizia, e non riusciva davvero a tenerli a bada. A un certo punto ho avuto anche paura perché ero con mio figlio. E poi dicono che gli inglesi hanno risolto il problema della violenza nel calcio. Ieri sera solo per fortuna non è successo niente di grave». Se lè vista brutta anche il deputato dellUdc Luciano Ciocchetti, tifosissimo giallorosso, allOld Trafford con i figli, che racconta di una serata «da dimenticare», il cui bilancio sfiora la tragedia; per lui qualche escoriazione, per il figlio quindicenne un occhio nero e qualche ammaccatura in testa, per laltro tanta paura e una precipitosa fuga. «Quanto ci è capitato, e per fortuna lo posso raccontare - dice Ciocchetti - è la dimostrazione che il sistema di sicurezza inglese degli stadi, tanto reclamizzato, non funziona in quanto circoscritto esclusivamente allo stadio. Siamo giunti a circa duecento metri dalla struttura e non appena scesi dal taxi, siamo stati circondati, aggrediti a pugni da una ventina di teppisti, senza che si vedesse in giro un solo poliziotto. E mi risulta che lo stesso trattamento hanno ricevuto molti tifosi romanisti al termine della partita». Insomma, gli inglesi hanno vinto anche la sfida delle violenze.
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