Brucia la notizia

Mi chiama il direttore e mi dice: «Hai letto che cosa dice Paolo Serventi Longhi?». E io: «In genere, ho di meglio da leggere. Per esempio Topolino». Il direttore non apprezza l'umorismo e insiste: questa volta è meglio Paolo Serventi Longhi. «Hai provato con gli albi di zio Paperone?», ribatto incredulo. E lui, insensibile ai fumetti, mi sfodera una serie di agenzie di stampa all'altezza della Walt Disney Company e anche un po' di Gianni&Pinotto. «Questo è il capo dei giornalisti italiani», conclude. «Pensa un po': siamo nelle sue mani». In che mani siamo.
Serventi Longhi parla della manifestazione di sabato sul Medio Oriente, quella dove alla presenza di esponenti della maggioranza di governo, sono stati bruciati manichini con le divise dei soldati italiani e scanditi allegri slogan del tipo: «Dieci cento mille Nassirya» oppure «L'unica bandiera da guardare è quella sulle vostre bare». E con chi se la prende il capo dei giornalisti italiani? Con questi sciagurati che urlavano? Con le loro voci stonate? Con i politici che si mescolano alle brutte compagnie? Macché: il capo dei giornalisti se la prende con i giornalisti che ne hanno dato conto. «Percorso perverso», dice. «L'informazione è impazzita».
Non male no? Dopo il capo del governo che parla di Paese impazzito, ecco il capo dei giornalisti che parla di informazione impazzita. Roba da manicomio, insomma. Chiamate gli infermieri. Ma a parte il fatto che l'unico percorso perverso sembra essere quello che ha portato Paolo Serventi Longhi a guidare da lustri la Federazione nazionale della stampa italiana, ci resta un sommesso dubbio: che dovevano fare i giornalisti secondo lui? Chiudersi gli occhi? Girarsi dall'altra parte? Far finta di non vedere?
Evidentemente, essendo da dieci anni a capo del sindacato, del mestiere di giornalista gli è rimasta un'idea piuttosto vaga. Insomma, non sa più come si fa. Altrimenti non avrebbe detto una frase come quella riportata dall'agenzia (chiedo perdono e cito testualmente): «Sabato vi erano diverse ipotesi di concentrazione di opinioni in dissonanza con quelle dell'attuale governo e di quello precedente.... vi erano tutta una serie di eventi assolutamente rilevanti rispetto ai quali tutto è scomparso, tutto è stato cancellato: la partecipazione, i temi, lo sforzo di mobilitare la gente... invece è stata enfatizzata una vicenda, quella del rogo dei fantocci... io credo che siamo tutti impazziti, siamo di fronte all'impazzimento dell'informazione e della comunicazione nella società italiana».
Suvvia, siamo seri. Nessun caposervizio, neppure all'Eco di Pizzighettone, metterebbe in pagina un pezzo scritto così. In effetti: oltre che alla lingua italiana, qui c'è un’evidente offesa al buon senso. Anche perché se di impazzimento si tratta, insieme ai giornalisti, sono impazziti nell'ordine: il presidente della Repubblica, il presidente della Camera Bertinotti e gli esponenti politici di tutto l'arco parlamentare che per una volta si sono trovati d'accordo nello sdegno per quegli slogan orribili. Tutti, meno Serventi Longhi. Per lui l'errore grave non lo ha commesso chi insultava gli eroi di Nassirya, ma chi l'ha raccontato. Non è meraviglioso? Io lo proporrei come candidato ideale al prossimo congresso del sindacato bruciatori di fantocci. Li difende che è una meraviglia.
A difendere i giornalisti invece fatica un po'. Si capisce. A forza di scrivere contratti si è dimenticato come si scrivono gli articoli, le uniche informazioni che fornisce sono quelle degli scioperi. Dunque gli sfugge la logica del mestiere, soprattutto questo strano fatto che bisogna dare le notizie. Questione fastidiosa. Infatti Serventi Longhi non parla di notizie: preferisce l'espressione «cazzotti nello stomaco». Roba che fa male, insomma. Per questo, per esempio, lui la manifestazione di sabato l'avrebbe raccontata così: «Perfettamente riuscito il corteo di Roma. A un certo punto ci sono stati alcuni fuocherelli: probabilmente i ragazzi dei centri sociali avevano freddo. Tutto attorno la folla gridava: dieci, cento, mille in pizzeria. E altri rispondevano: l'unica bandiera da guardare è quella sulle vostre fanfare».
Aspiranti giornalisti, giovani colleghi, forza: imparate la lezione e applicatela ai prossimi avvenimenti. Ci sono scontri allo stadio? Voi non fatevi distogliere dagli eventi marginali: parlate solo della maggioranza dei tifosi che sono rimasti tranquilli nei distinti centrali. Oppure: un treno deraglia? Attenti a non concentrarvi troppo su quello: si rischia di dimenticare tutti i treni che sono arrivati puntualmente in stazione. Oppure: una pattuglia della polizia è rimasta vittima di una sparatoria? Sì, ma voi dovete parlare di tutte quelle che hanno concluso serenamente il loro turno.
È il manuale dei Serventi. Se avete capito l'insegnamento fondamentale, vi risparmiamo il resto dell'armamentario: la «tragica certezza», il «fatto circoscritto», il «messaggio mediatico raccolto e enfatizzato dal sistema politico», il «coro unanime» (coro unanime? Noi e l'Unità? Il Sole 24 ore e il manifesto?) e i riferimenti obliqui ai «proprietari delle testate» e agli «amici dei proprietari delle testate». Ci basta la conclusione: tutto ciò rende «impossibile capire quello che succede». In effetti: che Serventi Longhi non capisca quello che succede è abbastanza evidente.

Resta il dubbio: perché allora dare dei pazzi a tutti gli altri? Ricorda un po' quel tipo che diceva: «È scappato il matto che si credeva un sapone». E come ha fatto? «Mi è scivolato dalle mani». Percorso perverso pure quello.

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