Un bubbone si aggira per l’Europa

Sembra ormai sicuro che il mondo finirà nel 2036 a causa di un asteroide di nome Apophis, che pur non essendo molto grande (350 metri) basterà a concludere la gloriosa avventura del nostro pianeta. Tutto questo nel caso che il mondo non finisca nel 2012, come sostenuto dagli antichi Maya.
Futuro e passato si contendono insomma il diritto all'apocalisse.
Comunque sia, anche il presente non scherza. Le grandi piogge delle scorse settimane hanno infatti fornito l'ambiente ideale per la riproduzione di insetti in quantità mai vista. Saremo invasi dalle zanzare tigre, dalle zecche, dai pidocchi, dalle pulci, e molte malattie che si ritenevano debellate torneranno a uccidere. Anche perché i medici di oggi non sono molto preparati su malattie antiche quali lo scorbuto, il vaiolo o...

Rod fece un sogno. Sognò che sedeva come sempre al tavolo del Cda della sua società (di cui per discrezione non faccio il nome). La riunione non era ancora cominciata e dalla porta continuavano a entrare gli altri consiglieri. Faceva caldo. Ehi per favore, non è che si può aprire la finestra? Il presidente sorrise all’indirizzo di miss Martin. Adesso vado ad aprirla io, pensò. Intanto i consiglieri continuavano ad entrare, ciascuno con la sua brava cartelletta sottobraccio. Ma quanti sono? Non eravamo in sei? Provò a contarli, ma non si poteva, sia perché continuavano a muoversi per la stanza, sia perché continuava a entrare gente nuova, facce mai viste. Il presidente sorrideva. Il caldo cresceva. Rod decise di alzarsi e andare ad aprire una delle finestre. Ma le finestre erano tutte bloccate. Sentì un fastidio sotto l’ascella destra. Era la cartelletta: se l’era dimenticata sotto il braccio. Tornò alla sua sedia, ma nel frattempo ci si era seduto un altro tipo, mai visto prima.
«Questo era il mio posto» disse Rod. Il tizio sorrideva in direzione di miss Martin, che ricambiava.
«Signore. Ho detto che questo è il mio posto».
Il tizio ammiccava verso le gambe di miss Martin, che sembrava stare al gioco, tanto che a un certo punto sollevò un lembo della gonna, che era già abbastanza corta.
Rod prese l’uomo per una spalla e lo scosse.
«Mi vorrebbe restituire il mio posto, please?».
L’uomo lo guardò. Aveva gli occhi rossi e i capelli verdi.
«Mio caro» rispose lo sconosciuto «lei sta sudando troppo, è pallido e ha il fiato corto. Mi dice cosa ci fa qui? Lei non si sente bene, dovrebbe consultare un medico».
«Mi sento benissimo e questa è la mia sedia» disse Rod, ma mentre lo diceva si accorse che stava mentendo. In verità non si sentiva affatto bene, lo sconosciuto aveva ragione, e poi quella era davvero la sua sedia? Intanto il fastidio sotto l’ascella cresceva.
Perché continuava a tenere quella dannata cartelletta sotto il braccio? Il bello infatti è che, nonostante tutto, Rod continuava a tenere la cartelletta sottobraccio. Perché non se la toglieva di lì? La risposta per noi è semplice: perché quello era un sogno. Per lui, invece, che non sapeva di stare sognando, la cosa era più complicata, doveva sbrigarsela da solo, ma la sua mente non riusciva a impartire al corpo un ordine semplice come LEVATI QUELLA DANNATA CARTELLA DA SOTTO IL BRACCIO.
Rod trovò comunque posto su un’altra sedia. Faceva sempre più caldo. Guardando miss Martin si accorse che non era così carina come le era sempre sembrata, e che anzi era piuttosto brutta, con quei denti gialli e soprattutto con quei due baffoni.
Finalmente, comunque, Rod si tolse la cartelletta da sotto il braccio e se la pose davanti. Ma i problemi non erano finiti. Il tavolo era quello di sempre, ma la quantità di consiglieri si era moltiplicata, così che se ne stavano tutti stretti stretti, da non riuscire quasi più a muovere le braccia.
Intanto il fastidio sotto il braccio anziché sparire era cresciuto. «Che diavolo c’è adesso?» si domandava Rod. Ecco cos’era. Era il gomito del suo vicino piantato nelle costole. Si era mai vista tanta maleducazione? Ehi! Rod fece per protestare ma improvvisamente si sentì stanco da morire, e siccome il caldo cresceva e lui si trovava in un mare di sudore a un certo punto smise di capire se il caldo e il dolore sotto il braccio destro fossero due cose diverse oppure la stessa.
Nel frattempo il suo vicino aveva tolto il gomito dalle sue costole, però il dolore non diminuiva.
«Signore e signori» disse il presidente.
Rod voleva ascoltare ma quando vide miss Martin venire verso di lui con un cacciavite in mano, mirando proprio sotto l’ascella, era troppo tardi per scansarsi, e il cacciavite toccò il solito punto tra le costole, sotto l’ascella.
Rod si svegliò pieno di paura. Il dolore sotto il braccio era sempre più insopportabile. Accese la luce, infilò le pantofole e andò verso il bagno. Aveva un sapore metallico in bocca. Vide con disgusto che il bianco dei suoi occhi si era fatto giallastro, come quando si ha l’itterizia. Poi, con circospezione, si tolse la camicia del pigiama, sollevò il braccio destro e proprio lì, una decina di centimetri sotto l’incavo dell’ascella, vide, riflesso nello specchio sopra il lavabo, un sozzo bubbone d'un livido paonazzo.
Se miss Martin fosse stata lì (come capitava a volte), avrebbe potuto aiutarlo. Invece quella notte era solo come un cane. Si toccò la fronte: bruciava. Si vestì alla meglio, chiamò un taxi e si fece portare all’ospedale più vicino, dove fu trattenuto prontamente. Perlomeno non morirò disse tra sé aspettando un letto.
Gli furono fatte diverse ecografie, la risonanza magnetica, la tac, la pet, la colonscopia, la gastroscopia, gli furono praticati alcuni prelievi del tessuto, e alla fine, dopo una buona cura antipiretica, fu dichiarato in via di guarigione. La febbre era dovuta, dissero, a una piccola indigestione, mentre per quella macchia sotto l’ascella si trattava di un disturbo dermatologico dovuto sempre alla cattiva digestione. Con un po’ di aspirina, una buona crema dermatologica e mi raccomando, mangiare in bianco per una settimana tutto sarebbe finito.
Rod morì due giorni dopo nel suo letto. Sul referto c’era un nome incomprensibile, poi si apriva una parentesi dove si leggeva: Peste bubbonica. Le farmacie erano piene dell’antibiotico con il quale Rod si sarebbe potuto salvare.

L'ultimo suo pensiero fu per il fidanzato di miss Martin: avrebbe voluto chiedergli scusa, aggiungendo che però la sua ragazza era un po’ facile, e che quando ci si sceglie una fidanzata occorre starci attenti.
Anche lui aveva avuto una fidanzata, ma a starci attenta era stata lei. Infatti l’aveva mollato.

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