Il paese è immerso nel clima pre-natalizio, ma il mondo della politica non conosce vacanze. Per i political junkies (politica-dipendenti, ndr) questa è solo la penultima settimana prima delle prime risposte che contano, i primi delegati per la convention, le prime illusioni che si infrangono fragorosamente sulle scogliere della politica vera.
Finora i candidati hanno vissuto in un universo ovattato, segnato dai rintocchi regolari ma spesso indecifrabili dei sondaggi. Tra dodici giorni, invece, arriveranno i primi verdetti inappellabili. In superficie tutto tace, ma dietro le quinte ci sono un gran numero di attori che si stanno dando un gran daffare. Ogni tanto, questi movimenti sottotraccia emergono, dando la possibilità agli osservatori esterni di aggiornare i propri schemi.
Mercoledì, in un’apparizione al programma mattutino della Fox News “Fox and Friends”, è stata una delle candidate “minori” a fare notizia. La combattiva deputata del Minnesota Michele Bachmann, ex eroina del Tea Party, che si era a lungo contesa il cuore del movimento con la ‘mama grizzly’ originale Sarah Palin, ha fatto sapere di esser stata contattata telefonicamente da Bob Vander Plaats, presidente del “Family Leader”, influente esponente della galassia evangelica, che le avrebbe consigliato di ritirarsi dalla gara prima dello svolgimento dei caucus nell’Hawkeye state.
La notizia, fatta cadere dopo un paio di minuti di convenevoli, può esser letta in vari modi.
Versione cinica: una richiesta disperata di aiuto lanciata ai propri sostenitori scoraggiati, un appello ai complottisti e a chi non vede affatto di buon occhio i cristiani duri e puri della Bible Belt.
Lettura alternativa: una mossa trasversale diretta a qualche leader cristiano ancora tentennante, il cui endorsement potrebbe risollevare le precarie sorti della campagna della pasionaria del Minnesota, ormai vicinissima a quel punto di non ritorno che divide i candidati “viable” da quelli poco più che folcloristici.
La situazione nell’Iowa, in effetti, è poco decifrabile e lascia quindi molto spazio a quelle sorprese dell’ultimo minuto che fino a qualche anno fa facevano parte del panorama politico delle primarie. Il commento di uno dei più ispirati pollster a stelle e strisce, Scott Rasmussen, è chiaro nel suo verdetto: Romney e Paul abbastanza sicuri di stare nel gruppo dei ‘vincenti’, dietro una gran confusione.
L’articolo, pubblicato ieri sul sito dell’istituto di sondaggi, lo trovate qui ed è una lettura interessante. Rasmussen, che nella sua bacheca ha una serie impressionante di previsioni azzeccate negli anni scorsi, si è sbilanciato e, nonostante negli ultimi cinque sondaggi siano stati cinque i candidati a spuntarla (ultimo Mitt Romney), giudica che la vittoria nello stato del Midwest andrà ad uno tra il candidato centrista e quello libertario, i più regolari nelle ultime settimane.
Allo stesso tempo, Rasmussen si copre le spalle, affermando che sia Romney che Paul hanno pochi margini di crescita: chi dovevano convincere l’hanno già convinto, non avranno molta presa sugli indecisi. Il che non è una gran notizia, visto che circa il 50% dei probabili partecipanti ai caucus non hanno ancora le idee chiare su chi voteranno.
I quattro pretendenti al posto di terzo incomodo partirebbero più o meno alla pari, con leggera prevalenza di Newt Gingrich e possibile rimonta all’undicesima ora del governatore del Texas Rick Perry. I candidati “identitari” restano ai margini, da Santorum al peraltro interessante Huntsman alla stessa Bachmann. Una cosa è certa, senza un risultato convincente in Iowa, le telefonate dagli amici del partito si moltiplicheranno, costringendo uno, forse due candidati a lasciare il gruppo per far spazio ai veri protagonisti della corsa di cavalli più costosa al mondo.
Tutto è ancora possibile,
ma questo non è un segnale affatto incoraggiante per la Bachmann. Assomiglia tanto al tocco sulla spalla ad un ballo formale. Se non si farà da parte da sola, i prossimi inviti potrebbero essere decisamente meno eleganti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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