Aurelio De Laurentiis ora è studiato come esempio da imitare

Il terzo scudetto del Napoli è il trionfo del presidente della società partenopea, visto dal calcio come un corpo estraneo, criticato per l'attenzione al bilancio ed ora studiato come esempio da imitare per la rinascita del movimento italiano

Aurelio De Laurentiis ora è studiato come esempio da imitare

La grande festa al Maradona, la gioia immensa di un intero popolo è sì il riscatto di una città che da sempre si sente in credito con il destino ma anche l’apoteosi di un personaggio sempre sopra le righe sul quale ben pochi avrebbero scommesso un centesimo. Aurelio de Laurentiis, oggetto di infinite prese per i fondelli, considerato da tutti un corpo estraneo nell’esclusivo club della Serie A, si godrà il suo primo grande trionfo, uno scudetto fatto senza riempire la società di debiti, rimanendo coi piedi per terra e mettendo in piedi una macchina dal calcio quasi perfetto. Nel momento più bello, ripercorriamo quindi la vita di questo neofita di successo che è riuscito ad avere la meglio sui tanti critici.

Dal cinema al calcio

Aurelio de Laurentiis, nato a Roma il 24 maggio 1949, è parte integrante di una famiglia storicamente legata al grande schermo, visto che il padre Luigi e lo zio Dino, originari di Torre Annunziata, si erano fatti strada nel mondo del cinema. Dopo il primo matrimonio a soli 21 anni, arriva l’incontro della vita, quello con Jacqueline Baudit, dalla quale ha avuto tre figli, Luigi, Valentina ed Edoardo. La svolta dal punto di vista professionale arriva invece nel 1975, quando col padre Luigi fonda la Filmauro, società di produzione e distribuzione cinematografica che negli anni si fa spazio in Italia e all’estero. L’elenco dei film di successo prodotti sarebbe troppo lungo ma avevano tutti una caratteristica in comune: magari non piacevano alla critica, ma al botteghino facevano faville. Dallo storico Amici Miei ai mille cinepanettoni, la Filmauro si è fatta largo nell’affollato panorama del cinema. Dividendosi tra Roma e Los Angeles, De Laurentiis diventa un personaggio noto alle cronache non per gli scandali o le spese pazze ma per i successi. Un passo alla volta, conquista posizioni nelle istituzioni, da Cinecittà a Confindustria, attirandosi lodi e critiche in ugual misura.

De Laurentiis Verdone

La seconda svolta arriva il 6 settembre 2004, quando diventa presidente e proprietario del Napoli, fallito e retrocesso in C1. Due anni e mezzo dopo, la SSC Napoli torna in Serie A dopo sei anni di traversata nel deserto. L’impatto del presidentissimo su una città come Napoli, malata di calcio, non è semplice. Invece della gestione allegra di tanti magnati del calcio, più interessati a farsi belli che a tenere la barra dritta, il Napoli non fa mai il passo più lungo della gamba. Quando arrivano offerte interessanti AdL non ha problemi a vendere campioni amatissimi, da Lavezzi a Cavani fino ad Higuain, consegnato a peso d’oro all’odiata Juventus. Nonostante le mille pressioni, il presidentissimo non perde mai la testa, riuscendo spesso e volentieri a chiudere il bilancio in attivo. Caso più unico che raro, la famiglia De Laurentiis, impegnata in prima persona nella società, riesce a guadagnare dal calcio, accumulando un patrimonio di circa 200 milioni di euro. Sebbene non sia nemmeno nella top 10 dei patron più ricchi, la società partenopea rimane solida, ben gestita e sempre in grado di trovare nuovi talenti. Alzi la mano chi si sarebbe aspettato che questo figlio di Cinecittà battesse i soloni del calcio al loro gioco.

Da neofita a maestro

Nel corso degli anni le critiche nei confronti dell’approccio fin troppo pratico di De Laurentiis non sono mancate, specialmente quando le cose non giravano per il verso giusto. Dai tifosi in rivolta perenne, alle filippiche dopo le cessioni dolorose, il Napoli sembra sempre sull’orlo di una crisi di nervi. I rapporti burrascosi con tecnici di gran nome, da Gattuso ad Ancelotti, le sparate contro i potenti del calcio, le tempeste mediatiche contro le grandi del nord, Aurelio de Laurentiis non si è fatto mancare proprio niente. Eppure, anno dopo anno, i risultati non mancano. I campioni vanno, vengono, ma il Napoli è sempre lì, nei quartieri alti della classifica, facendo spesso e volentieri bella figura in Europa, senza accumulare montagne di debiti ma addirittura distribuendo milioni di euro di profitti agli azionisti.

De Laurentiis Iervolino

Alla fine, anche chi si era scagliato contro questo neofita del calcio è costretto a rimangiarsi le parole. Il caso dell’ex tecnico Roberto Donadoni è emblematico. Dopo la fine dell’esperienza all’ombra del Vesuvio, l’ex Ct della nazionale disse, senza giri di parole, che De Laurentiis capiva poco o nulla di calcio. Qualche tempo fa, intervistato da Bruno Longhi, il giudizio è ben diverso: “Beh, il tempo insegna, ha capito tante cose, ha lavorato molto bene e quello che ha prodotto lo dimostra. Il Napoli sta meritando tutto quello che ha sin qui ottenuto: non si tratta di parlare di favole, sogni o altro, questa è solida realtà. In serie A non c'è storia, lo scudetto è lì, ma questa squadra ha la possibilità di fare bene in Europa. Anzi, questo è un obiettivo che devono porsi e cercare di raggiungere”. A parte la scommessa Osimhen, che ha ripagato in pieno l’investimento, la vera sorpresa è stato Kvaradona, un vero e proprio colpo da maestro: “Kvaratskhelia è unico. Non so se mi assomiglia o meno, di certo è stata una grande scoperta dei dirigenti del Napoli. Oltre alla tecnica, si vede che ha tanta voglia di emergere e dimostrare il suo valore”.

Un caso irripetibile?

La domanda che viene spontanea è però un’altra: visto il grande successo di De Laurentiis, come mai non si vedono altri magnati disposti ad investire nel calcio? Fondi stranieri ne arrivano a pacchi ma gli imprenditori seri che si mettono in campo con un progetto ragionato, fatto senza accumulare debiti mostruosi, ce ne sono pochi. Forse la spiegazione è semplice: il cammino per riportare alla gloria il Napoli non è stato semplice. Il presidentissimo è solito dire che, quando arrivò nel 2004 “non avevate nemmeno i palloni”, battuta semiseria che rivolge alla riottosa tifoseria partenopea. Le cose, però, stavano in effetti così: mancavano i palloni e pure le magliette, quando De Laurentiis uscì dalla Fallimentare i tempi gloriosi di Maradona sembravano lontani anni luce. Napoli aveva una gran fame di calcio ma la rinascita sembrava impossibile. Nei diciotto anni del cinematografaro, Napoli ne ha viste davvero tante: tre Coppe Italia, la Supercoppa di Doha, tanti scudetti evaporati per mille ragioni, un cammino che ha portato all’apoteosi, a questa clamorosa cavalcata trionfale quando nessuno si aspettava niente del genere.

De Laurentiis Eintracht

Luciano Spalletti, il tecnico del terzo scudetto, conferma il mantra del Napoli di AdL: “Siamo contenti di ciò che stiamo realizzando ma sappiamo anche che molto resta da fare: noi inseguiamo vittorie per regalare gioia ai nostri tifosi ma rimanendo con i piedi per terra. La favola di oggi ha radici profonde, meno vittorie di quanto si sarebbe meritato in campo e molti protagonisti che hanno portato il proprio mattoncino alla nuova casa del Napoli. Reja e Marino, il Mazzarri della prima Champions, Benitez e Bigon ed i grandi colpi di mercato, l’illusione di Sarri e Giuntoli, il Napoli schiacciasassi che si squaglia in un albergo a Firenze, la meteora Ancelotti, la Coppa Italia di Gattuso, la rifondazione di Spalletti. L’unica costante, la famiglia De Laurentiis, che ha impiegato in maniera oculata i soldi della Champions, tagliando i ponti con gli idoli del pubblico, lasciando partire le bandiere solo per trovare nuovi talenti. Farlo in una città difficile come Napoli non è impresa da poco. Magari le stelle di oggi se ne andranno, pagati a peso d’oro, ma saranno sostituiti. Questo è il modello Napoli e funziona davvero. Magari sarebbe il caso di lasciar perdere l’ironia e studiarlo sul serio. Farebbe un gran bene al calcio italiano.

Napoli Supercoppa

Spese pazze? Non proprio

Mentre la città pensa solo a far festa, la società calcio Napoli guarda avanti, alle sfide di domani, senza mai fare il passo più lungo della gamba. I tifosi sognano in grande, la rincorsa al nuovo sogno, la coppa dalle grandi orecchie, ma Aurelio de Laurentiis pensa ai problemi più pratici: far tornare i conti. Lo scudetto vuol dire maggiori incassi ma anche maggiori pretese dai nuovi campioni d’Italia, un giochino che potrebbe far impennare il monte ingaggi. La società pensa ai rinnovi difficili, da quello di Zielinski a quello di Lozano, in scadenza nel 2024. Il polacco vorrebbe restare ma accetterà di tagliarsi lo stipendio proprio dopo lo scudetto? Lozano guadagna tanto ma potrebbe essere sacrificato sull’altare del bilancio per lasciare spazio al prevedibile aumento per Osimhen. Se poi dovesse arrivare un’offerta mostruosa, il nigeriano potrebbe andarsene, liberando risorse per difendere un’altra scommessa vincente di Giuntoli, il coreano Kim, nel mirino del Man City di Guardiola.

De Laurentiis Osimhen

Il lavoro di Giuntoli ha reso il compito di far quadrare i conti più semplice: i 25 milioni di riscatto per Giacomo Raspadori sono già a bilancio mentre gli altri prestiti hanno solo un diritto, non un obbligo di riscatto. Nonostante i maggiori incassi dello scudetto, diversi pezzi non saranno confermati. I 30 milioni che il Tottenham vorrebbe per Ndombele sono decisamente troppi, mentre anche il polacco Bereszynski probabilmente lascerà la corte di Spalletti. Visti gli 11 milioni in arrivo dal Monza per il riscatto definitivo di Andrea Petagna, le risorse non mancheranno per la conferma del vice-Osimhen, Giovanni Simeone. I 12 milioni che andranno all’Hellas Verona sono un ottimo investimento e consolideranno un reparto che ha fatto vedere grandi cose questa stagione.

Le sorprese non mancheranno, probabilmente ci saranno addii dolorosi e scommesse sul futuro ma il Napoli ha già dimostrato ampiamente la bontà del suo metodo.

Fa sorridere il fatto che sia stato proprio quel “corpo estraneo” al sistema calcio ad insegnare a tutti come si fa. A ridere, ancora una volta, sarà proprio Aurelio de Laurentiis. E questo, forse, è un successo più grande dello scudetto.

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