Diego Armando Maradona eroe popolare dell'Argentina che riscatta l'onta delle Falkland: molti nel Paese sudamericano così hanno letto l'episodio della "Mano di Dio" del 22 giugno 1986. Argentina-Inghilterra 2-1, quarti di finale del Mondiale messicano: allo Stadio Azteca, teatro sedici anni prima della "partita del secolo" tra Italia e Germania, si è consumata la consacrazione di Maradona a eroe calcistico "maledetto" per eccellenza dello sport mondiale.
Il pomeriggio dell'Azteca consacra Maradona
Maradona che supera Peter Shilton, roccioso portiere inglese, col trucco del gol di braccio che dichiarerà poi essere frutto della "Mano di Dio". Ma anche Maradona che, quasi a espiare la propria colpa, segna nella stessa partita il "Gol del Secolo" scartando cinque avversari.
A quello slalom avrebbe fatto riferimento, nel 2005, Mervyn King, governatore della Bank of England, presentando un curioso paragone tra il ruolo del banchiere centrale e la corsa di Maradona nella difesa della Nazionale dei Tre Leoni, a mò di termine di paragone per spiegare il potere delle aspettative nella moderna teoria dei tassi d'interesse: "Maradona", dichiarò King, "di fatto corse su una linea retta. Come puoi battere cinque avversari correndo su una linea retta? La realtà è che i difensori inglesi reagirono a quello che si aspettavano Maradona avrebbe fatto. Dato che si aspettavano sarebbe andato a destra e sinistra, [Maradona] potè andare avanti dritto".
Fu una sorta di riconciliazione, vent'anni dopo, tra il campione morto il 25 novembre 2020, e l'Inghilterra: Il "teorema di Maradona", lo ha definito il Financial Times.
La rivalità tra Argentina e Inghilterra
Nel 1986 immaginare tutto ciò sarebbe stato impossibile. Maradona incarnava l'ethos peronista di un'Argentina in perenne ricerca di riscatto e legittimazione: lontana anni luce dalla dittatura che aveva scatenato la fallimentare guerra delle Falkland del 1982 ma non meno scottata dallo schiaffo subito dal Regno Unito e da Margaret Thatcher.
Ed è notevole il fatto che tra la "furbata" più nota della storia del calcio e una rete votata come "Gol del Secolo" dalla Fifa a passare alla memoria collettiva fu, soprattutto la prima. E questo si può capire leggendo il substrato politico della sfida. Per Maradona usurpare il primo gol fu come riprendersi parte delle Malvinas dopo che tanti ragazzi argentini erano stati “falciati come uccellini” dagli inglesi quattro anni prima. In un clima rovente, in vista della partita, la stampa argentina presentava Maradona nelle vesti del nuovo "Libertador" José San Martín con titoli tutt'altro che sobri: “Stiamo venendo a prendervi, pirati!” (Cronica, 22 giugno 1986).
Lisa Watson, direttrice di Penguin News, unica testata delle Falkland pubblicata in lingua inglese, in occasione della morte di Maradona ricordò che la Mano di Dio fu vista come uno schiaffo nelle isole contese: "Con quel gol ci devastò", ha dichiarato all'Agenzia Dire. L'amore per il calcio, del resto, è tra le poche cose che accomuna inglesi e argentini nei tempi contemporanei. Uno sport vissuto con intensità e partecipazione dagli inventori del football e con pathos, partecipazione emotiva e note drammatiche dagli abitanti della sorella australe dell'Italia.
"Se fosse stato per gli argentini, saremmo dovuti uscire tutti con una mitragliatrice. Quello che io volevo era fargli un bel sombrero, un tunnel, fargli girare la testa. Era una battaglia, sì, ma nel mio campo di battaglia", ha ricordato Maradona col senno di poi nella sua autobiografia Yo soy el Diego!. E in un campo di battaglia si usano tutti gli stratagemmi a disposizione: A la guerre comme a la guerre, si è soliti dire. E il Maradona all'attacco in campo aperto è complementare al Maradona intento alla guerriglia, al logoramento. Col senno di poi la partita dell'Azteca appare una sorta di contrappasso. L'astuta Inghilterra sconfitta anche grazie a uno stratagemma, a un colpo di teatro, a un sotterfugio. La "task force" inglese messa all'angolo dalla furbizia di Maradona. Il Sud che si riscatta contro il Nord del mondo.
Il 1986 argentino, anno spartiacque
Il 1986, del resto, è stato un anno cardine per l'Argentina. A tre anni dalla fine della dittatura, sommersa dal flop delle Falkland, i membri della giunta di Leopoldo Galtieri vanno a processo; quell'anno muore Jorge Luis Borges, icona letteraria, culturale e umana del Paese, attaccato dai progressisti per presunte ambiguità verso la dittatura ma simbolo universale della capacità dell'America Latina di parlare al mondo.
In Argentina, quell'anno, si torna a riscoprire la lezione unitaria, popolare e populista, di Juan Domingo Peron sulla necessità per la nazione di parlare alle masse diseredate per unirsi attorno a simboli condivisi e per l'Argentina di essere un Paese-guida per il Sud globale. Maradona è intrinsecamente peronista e col pallone tra i piedi l'allora giocatore del Napoli vuol dimostrare la stessa volontà di riscatto. Il 1986 è anche l'anno in cui un allora giovane padre gesuita argentino scopre la vocazione "missionaria" per l'emancipazione dei poveri e degli ultimi che lo avrebbe condotto, ventisette anni dopo, al soglio pontificio: Jorge Mario Bergoglio era allora studente nella prestigiosa università della Compagnia di Gesù, la Sankt Georgen di Francoforte, seguiva la traccia del teologo Romeo Guadrini e nel 1986 ebbe il primo contatto ad Augusta, con il dipinto della “Madonna che scioglie i nodi” divenuta emblema della sua vocazione pastorale.
L'Argentina attorno al suo Diego
Non poteva che essere il 1986, dunque, l'anno del riscatto. Quell'anno il Paese fa i conti con il passato, riscopre l'icona di ieri, Peron, esalta quella contemporanea, Maradona, prepara l'ascesa di quella futura, Bergoglio. Per Maradona il riscatto passa anche dall'essere caudillo, non primum inter pares. L'Argentina di Carlos Billardo che si reca al Mondiale è una nazionale di talento non eccelso, vanta discreti mestieranti come il giocatore del Lecce Pedro Pablo Pasculli, poche individualità di peso come Jorge Valdano, punta del Real Madrid, e operai quali Jorge Burrachaga, passato un anno prima dal difendere il centrocampo dell'Independiente di Avellaneda a essere il mastino in una squadra francese di secondo piano, il Nantes.
Pochi scommettono che lo stile di gioco compassato di Billardo, il risultatismo e la ridotta eterogeneità del gruppo possano rompere i pronostici che vedono l'Argentina fuori dal gruppo di testa delle favorite. Ma Maradona aveva deciso diversamente. Il crocevia è proprio la partita dell'Azteca, in cui l'Epifania della "Mano di Dio" completa il riscatto. Maradona, nell'anno della riflessione, riunifica una nazione trascinando la selezione Albiceleste nell'empireo del pallone. Lo schiaffo delle Falkland, nato dalla velleità della Giunta Militare di dimenticare i disastri economici nazionali puntando sul nazionalismo fine a sé stesso, vendicato assieme alla tracotanza british, che tradendo lo stile dell'Impero che fu aveva portato Londra a voler stravincere, e non vincere, esaltando fino al parossismo la riconquista delle Falkland.
Da campione a icona mondiale, Maradona dopo l'Azteca
La carriera di Maradona vede uno spartiacque nel 22 giugno 1986, nella partita disputata sotto il sole inclemente di Città del Messico su un campo in pessime condizioni tra due squadre guardinghe e avvezze al gioco duro. Prima c'era l'ex talento di Boca Juniors e Barcellona arrivato a Napoli che incantava sui campi da gioco ed era estroso fuori. Dopo ci sarebbe stata l'icona sportiva, sociale e umana. Il Maradona non più solo battitore libero, ma l'uomo squadra arrivato, pochi giorni dopo, sempre all'Azteca a servire al gregario Burrachaga l'assist per il gol decisivo per la vittoria nella finale mondiale contro la Germania Ovest. Ma anche il Maradona "sincero fino all’autolesionismo”, come lo ha definito Gianni Minà, che meglio di tutti lo ha conosciuto, il latinoamericano tutto d'un pezzo che avrebbe stretto calorose amicizie con Fidel Castro e Hugo Chavez, il campione divenuto "santino" terzomondista che avrebbe presto dato un altro riscatto con le sue giocate, quello di Napoli sostanziatosi con gli unici due scudetti del calcio partenopeo. Ma che avrebbe al contempo vissuto sulla scia di fragilità e debolezze una vita tormentata travolta da dipendenze e ingenuità nella scelta dei compagni di strada.
Yo soy el Diego! era un grido di autoidentificazione e isolamento al tempo stesso. Le aspettative dell'Argentina su Maradona lo hanno elevato a lungo e sono state per lui croce e delizia.
E dal 1986 fino alla morte, Maradona è stato Maradona anche, se non soprattutto, per la tensione scaricata nello spartiacque del 22 giugno 1986. In cui anche il ricordo delle Falkland apparve meno amaro a Buenos Aires e dintorni.
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