
Avrebbe potuto scrivere il più bel romanzo di calcio e di vita. Giuseppe Antonio, detto Giussano e quindi Giussy, ha chiuso ieri il suo libro mai pubblicato. Aveva novantuno anni, la vecchiaia lo aveva asciugato nel fisico che era stato invece possente, l’Amedeo Nazzari del football italiano, l’uomo che ebbe tre mogli, sette figli, dodici squadre. Era nato a Sorio di Gambellara, suo padre, vicepresidente di Confragricoltura, aveva acquistato un podere a Bosco frazione di Zevio, la Bassa Veronese. Qui, nella comunità Betania, una onlus tenuta da frati francescani, Giussy ha concluso la sua esistenza dopo che la proprietà ereditata era stata venduta da lui stesso, dunque per contrappasso è stato costretto a pagare la retta. La sua avventura nel calcio ebbe inizio da terzino sinistro nella squadra della parrocchia di San Giorgio in Braida, raccontava, nel suo romanzo orale, sbirciandoti e sapendo di prenderti per il bavero, di avere segnato cinque gol su punizione a quelli dell’Audace che, per la cronaca, sarebbe stata una delle società di cui diventò presidente padrone, elenco a caso, Palù, Modena, Rovereto, Vicenza, Rovigo, Belluno, Schio, Valdagno, Legnago, Padova e, per tutte e su tutte, Milan.
Gli piaceva il football ma soprattutto lo acchiappavano le donne, andava a caccia di anatre e germani reali ma l’attrazione femminile era vincente e Giussy non si fece mancare nulla. Era la sua, una vita dolce mai scaduta nella dolce vita, sposò in prime nozze Carla Rizzardi, contessa generosa che gli regalò sei figli, Francesco, Emanuela, Michele, Ida, Giulia e Paola. Quindi arrivò il matrimonio con l’avvocato Luciana Gaspari che gli consegnò venticinquemila metri quadrati della tenuta sulle Torricelle, le colline magiche di Verona, la Casa dei Sogni, un museo del giocattolo, la collezione di bambole, cavalli a dondolo, marionette. Per Giussy fu come tornare Giussano. Ma c’era altro, c’era Palù dove un giorno mi convocò nella tenuta di caccia “Andémo per anatre!”, l’invito rimase tale, rifiutai il fucile, passammo la giornata a raccogliere uova delle galline, erano un esercito, verdura di campo per finire a tavola con una profumata minestra di riso e mille ciacole sul calcio, soprattutto la trappola di Boniperti. Riassumo: Paolo Rossi, già promessa delle giovanili bianconere, era passato in prestito a Vicenza, nel Lanerossi si era mostrato al mondo segnando gol a qualunque squadra, era l’estate del ‘78 e si doveva decidere chi sarebbe stato l’effettivo titolare delle prestazione del campione. Si andò alle buste, nel senso che Vicenza e Juventus, Farina e Boniperti, avrebbero fare l’offerta d’asta. Un suo assistente, Dario Maraschin, gli disse che il club di Agnelli avrebbe scritto sicuramente due miliardi e mezzo, dunque, meglio andare sul sicuro, due miliardi, seicento dodici milioni e cinquecentodiecimila lire. Boniperti scrisse 875 milioni, la beffa e lo scandalo portarono alle dimissioni di Franco Carraro dalla presidenza della federcalcio. Farina spiegò: "Il calcio è arte, Paolo Rossi é la Gioconda, lo teniamo con noi”. Giocondo o Gioconda, la storia fu questa con risvolti fantasiosi, tipo che Agnelli gli versò un miliardo in nero per riavere Rossi, una delle cento e cento pagine del famoso romanzo.
Sfogliando il diario e i ritagli di giornale, arrivò un’altra figlia, Marisol, dalla relazione con Gabriella Casini, si registrò storia di passione veloce con Dunja Adcock, fascinosa australiana ma di anni 37 contro i 71 del nostro, prima di approdare alla Casa dei Sogni, di cui sopra, che si trasformò in realtà vivente con l’acquisto del Milan, inguaiato di bilanci. Farina rilevò il club da Felice Colombo che restò coinvolto e finì in carcere per le scommesse sulle partite del campionato, il Milan, retrocesso, aveva bisogno di tornare a vivere la serie A, Giussy viveva fantasticando, senza badare alle spese e ai conti; un giorno, dopo un derby, passò dalla sede sociale e ritirò una grande parte dell’incasso, lasciando sulla scrivania un foglietto a quadretti con il seguente messaggio: “Prelevo milioni 250” seguiva la firma. Era candido, il romanziere veneto, sapeva di football, aveva il fiuto del cacciatore, Maldini e Baresi erano i suoi germani reali, respinse l’ennesima proposta agnelliana,arrivarono papere come Blissett ma anche cacciagione verace con Ray Wilkins e Mark Hateley, il Milan scivolò di nuovo in B, Peppino Prisco, avvocato illustre e vicepresidente dell’Inter, rifilò una feroce sentenza:”I rossoneri sono stati retrocessi due volte, la prima pagando (scommesse), la seconda gratis”. Fu la fine dei sogni, il Milan diventò teatro di vari attori, Morazzoni, Lo Verde, infine Gianni Nardi, imprenditore veneto, grande tifoso e dirigente milanista, lui coprì i debiti stratosferici, prima che i libri contabili venissero depositati in tribunale per il fallimento, prese il club, con il consenso del presidente federale Federico Sordillo, e lo consegnò a Silvio Berlusconi.
Da quel tempo in poi Giussy partì per destinazioni varie, conobbe anche il carcere per falso in bilancio, quindi la Spagna, il Sudafrica a Port Elizabeth, la Namibia, comprò terreni per poi rivenderli a pagare i debiti accumulati, restò vedovo, si trasferì a Cerro, poi gli anni del cielo nuvoloso, il silenzio della solitudine, l’oblio della folla rumorosa, anche se, secondo il suo solito racconto fiabesco, nella comunità giravano bionde di gusto eccelso. Questo, in fondo, valeva la retta. Sento di nuovo il profumo della minestra di riso.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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