Carlo Monti
Latletica a Milano da qualche tempo non ha il vento in favore. Poche società con grande passione mal corrisposta su tutti i fronti, nonostante il grande daffare dei suoi dirigenti. Pochi anni fa una di queste società aveva cominciato ad organizzare un meeting internazionale, parente dei tanti che, ancora prima delle Seconda guerra mondiale, lo Stadio dellArena divenuto povero non certo per colpa degli organizzatori ma per disinteresse del pubblico che di atletica ormai ne sa poco, aveva ospitato. Questanno di questo meeting non si parlerà nemmeno perché la pista dellArena è obsoleta e il Comune ha dichiarato di non avere possibilità economiche per rifarla. Tuttavia a resistere sulla breccia, nonostante tutto, vi è la Camelot, presidente Franco Angelotti, sospinta dallentusiasmo non solo dei suoi dirigenti (presidente onorario lonorevole Mario Mauro, vicepresidenti Angelo Aleksic e Filippo Grassia) e del suo staff tecnico, guidato da Aldo Maggi ma soprattutto dalla poliedrica e compatta formazione di tante ragazze, dalle campionesse. Non molte ma tutte ben orogogliose di vestire la sua maglia. A cominciare da Docus Inzikuru, una ugandese mondiale sui 3000 siepi a Helsinki, dalla faccia di bambina, emblema della voglia di riscatto della sua gente, per proseguire con Manuela Lavorato, la scattista di Irino che non ha avuto molta fortuna a Helsinki ma ha contribuito, nonostante i suoi malanni fisici non da poco, al terzo posto nel campionato di società, con Assunta Legnante, peso lanciato a m 18,80, sei volte in maglia azzurra solo nel 2005, in totale 18. E ancora Elena Sordelli, una stagione piena dalle indoor a quella allaperto con una lunga serie di Partecipazioni internazionali per finire con Giovanna Franzon.
E poi ancora le juniores Martina Gabrielli, bronzo nella marcia ai campionati europei, Balduchelli, Basoli, Sirtoli e lallieva Lodigiani, seguace della Legnante.
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