Pensa e ripensa, alla fine un accordo lo si è trovato: la commissione Affari costituzionali di Montecitorio si occuperà della riforma costituzionale, mentre lomologa commissione di Palazzo Madama si concentrerà sulle modifiche alla vigente legge elettorale. Il guaio è che laccordo tra i due rami del Parlamento si limita al metodo. Sul merito delle soluzioni, invece, si procede in ordine sparso. Non a caso il ministro per le Riforme, il diessino Vannino Chiti, non ha fatto altro nelle sue audizioni alle Camere che atteggiarsi a notaio della partitocrazia. Difatti non poteva parlare a nome del governo, e a maggior ragione della coalizione di centrosinistra, per il semplice motivo che né luno né laltra si sono presi finora il disturbo di dirci come la pensino. Per quanto concerne la riforma costituzionale, ben presto è destinata a sfiorire. Per unimpresa del genere occorrono tempi lunghi che gioverebbero unicamente al governo, che potrebbe così tirare a campare per un bel po. Sulla riforma elettorale, invece, è possibile tutto e il contrario di tutto. È in corso la raccolta di firme per il referendum elettorale promosso da Giovanni Guzzetta e appoggiato da esponenti delle due coalizioni. E la paura fa novanta. I «nanetti» (come li chiama Sartori) di ambo gli schieramenti lo temono. Mentre i «grandi» non possono dire come la pensano fino in fondo perché ricattati dai partitini che verrebbero azzerati dal nuovo sistema.
Fatto sta che al Senato i disegni di legge spuntano come funghi. Mauro Cutrufo, da buon democristiano, vorrebbe ripristinare il voto di preferenza. I diessini riformisti Giorgio Tonini e Enrico Morando, nonché lautonomista Magda Negri, optano per il sistema spagnolo. Ossia per circoscrizioni nelle quali eleggere solo quattro o cinque parlamentari, con conseguente clausola di sbarramento occulta del 20-25 per cento. I diessini Cesare Salvi e Massimo Villone, schieratisi con Fabio Mussi, sognano a occhi aperti il sistema tedesco. Cioè la proporzionale personalizzata grazie al doppio voto concesso a ogni elettore. Non si può fare a meno di notare che questi due sistemi permettono ai partiti di fare i loro giochi non già prima ma soltanto dopo le elezioni. Liniziativa legislativa al momento più gettonata è però un'altra. Tre distinti disegni di legge mirano tutti allo stesso fine. Propongono di tornare al Mattarellum. Cioè al precedente sistema elettorale partorito a seguito del referendum del 1993, per tre quarti maggioritario a collegio uninominale a un turno e per il restante quarto proporzionale. Un ritorno allantico, insomma. Ma cè chi, come Pierluigi Castagnetti, dubita che queste proposte legislative siano coronate da successo. Così il vicepresidente dl della Camera ha avuto una bella pensata. Coltiva il sogno di un referendum elettorale totalmente abrogativo allo scopo, secondo lui, di far rivivere il Mattarellum.
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