Caos in Israele: il premier traballa e il presidente finisce in un sexgate

Marta Ottaviani

Era convinto che la polveriera fosse sul confine libanese e invece alla fine se l’è trovata in casa. Anzi, dentro il suo governo. E visto che i guai raramente vengono da soli, a complicare le cose, ci si è messo anche uno scandalo sessuale che rischia di travolgere il presidente Moshe Katsav.
Sono tempi duri per il governo di Ehud Olmert. Il premier si trova a dover contrastare le divergenze e pressioni sempre più forti in seno alla sua coalizione. Ieri fra due maggiori partiti del Parlamento israeliano, Kadima e Labour, sono emersi forti contrasti sui tagli alla spesa pubblica, proposti per finanziare la ricostruzione del nord dopo il conflitto. Avigdor Yitzhaki, uno degli esponenti di spicco di Kadima, lo stesso del premier, ha accusato i colleghi del Labour di essere «partner non affidabili», per aver rifiutato di votare i tagli per circa 380 milioni di euro, che dovevano servire per la ricostruzione. Non solo. Alla radio israeliana Yitzhaki ha detto che proporrà a Olmert «di procedere a una verifica di governo e riavviare il processo di coalizione».
Il Labour ha replicato dicendo che i tagli proposti dal ministero delle Finanze avrebbero colpito gli strati più poveri della società. Ma hanno poco da alzare la voce. Il ministro della Difesa Amir Peretz, leader del partito, è nell’occhio del ciclone per la sua gestione della campagna libanese, che la maggior parte dell’opinione pubblica ha giudicato «molto deludente». Non a caso, proprio ieri, Peretz ha deciso la sospensione dei lavori della commissione di inchiesta sulla conduzione della guerra. Sembra per i risultati poco edificanti per il ministro. E mentre il leader del Likud, il conservatore Benjamin Netanyahu, si sfrega le mani e aspetta l’evolversi della situazione, le richieste di dimissioni al premier aumentano. Come l’attenzione dei media a quello che ormai tutti definiscono un sexgate. Particolare che forse, vista la gravità della situazione, potrebbe anche essere trascurato, o preso come nota di colore, non fosse che il principale protagonista è niente meno che Moshe Katsav, ottavo presidente dello Stato di Israele.
L’accusa è di aver costretto una sua ex dipendente ad avere rapporti sessuali con lui. Un brutto affare, nel quale Katsav si è cacciato con le sue stesse mani. L’inchiesta, infatti, era partita da una lamentela del presidente, con il procuratore generale dello Stato. Peccato che poi, sentita la donna, la situazione si è ribaltata a sfavore del presidente.

La polizia ha perquisito la residenza di stato e sequestrato il computer personale di Katsav. Tre giorni fa il ministro della Giustizia, Haim Ramon, è stato costretto alle dimissioni in seguito all’accusa di molestia sessuale ai danni di un’ex dipendente statale.

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