Roma - Emma Bonino ribadisce le ragioni che l’hanno indotta a iniziare lo sciopero della fame e della sete. Ai microfoni di Radio2 Rai, la candidata alla Regione Lazio, replica alle critiche arrivate da alcuni esponenti del Pd, come Rosy Bindi: "Chi non vuole fare lo sciopero faccia altro. Ad esempio, Rosy Bindi, può sentire il governo che già molte altre volte, a ridosso delle elezioni, per convenienza ha modificato con un decreto la data delle elezioni o ha ridotto le firme necessarie". E ribatte: "Ci sono precedenti a iosa, nel caso il governo voglia mettersi in regola".
Bufera in casa Pd I radicali sono un alleato scomodo che non si fa imbrigliare e che, come dimostra la lunga storia del partito pannelliano, non si fa dettare le regole dalla politica ma le impone con la forza delle sue battaglie e delle sue lotte. Guai a definirle "protesta". Rientra in questa logica l’iniziativa della Bonino che, spiazzando il Pd, ha stracciato la sua agenda elettorale per ristabilire le vere priorità politiche e per far attecchire la sua denuncia: la campagna elettorale, così impostata, fa "strage" della legalità, non vengono rispettate le norme e quindi la raccolta delle firme per la presentazione delle liste (per chi invece rispetta la legge), diventa una impresa titanica, come pure sfondare a mani nude il muro dell’informazione Rai. La Bonino ha quindi pensato bene di impugnare la tradizionale arma radicale della nonviolenza, ossia lo sciopero, totale, della fame e della sete. Gettando così nel panico i Democratici che in verità stavano in allerta già da venerdì scorso quando la candidata alla regione Lazio in una nota congiunta con il leader storico Marco Pannella aveva fatto sapere che in queste condizioni la partecipazione alle regionali non si può dare per scontata.
I timori tra i Democratici Nulla è scontato quando si ha a che fare con i radicali, che sono un osso duro per gli "avversari", ma ancor di più per gli "alleati". Lo sanno bene Walter Veltroni che ha dovuto sudare le proverbiali sette camicie nella trattativa con i radicali alle ultime politiche, perchè doveva garantirgli nove posti "sicuri" nelle liste del Pd, con Pannella che faceva lo sciopero della sete per "violazione della parola data". Lo sa bene Silvio Berlusconi che, proprio per evitare sorprese, aveva firmato addirittura con i radicali una sorta di "contratto" elettorale segreto che non fu sufficiente però a fargli da scudo a fronte delle richieste economiche avanzate poi dai pannelliani. Attriti che poi il Cavaliere ha sfogato nel tempo quando ad esempio definì proprio la Bonino una "protesi" di Marco Pannella. Corteggiati, amati e odiati, dunque i radicali che dei principi fanno la loro stella polare, e che non temono di inciampare, durante il loro tragitto politico nei loro stessi ostacoli.
Bersani cerca di minimizzare Il segretario Pd cerca di minimizzare. Per Pier Luigi Bersani non esiste un "caso Bonino", l’assenza della leader radicale alla "prima" dei candidati governatori del centrosinistra per lui era "giustificata", ma certo la vicenda sta riportando alla luce, tra i democratici, perplessità che erano state a stento accantonate. La Boninotorna ad alimentare le polemiche, soprattutto della componente cattolica che non ha mai apprezzato la scelta della Bonino come candidata presidente nel Lazio. E ancor meno ha gradito la decisione della leader radicali presentarsi come concorrente del Pd in molte altre regioni, a cominciare dalla Lombardia. Bersani ha parlato ieri con l'esponente radicale, cercando di attutire i possibili contraccolpi della sortita della Bonino. Il segretario avrebbe detto di capire le questioni poste dai radicali, ma avrebbe anche chiesto di non alzare il tiro contro il Pd, primo sostenitore della Bonino nel Lazio.
Quindi, Bersani ai suoi ha dettato la linea: non creiamo un caso, Emma non ce l’ha con il Pd, la sua è una classica battaglia radicale, usano tutti i mezzi a loro disposizione per ottenere visibilità e raccogliere le firme.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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