Capello: "Italia-Olanda ve la racconto io"

"Donadoni contro Van Basten: chi li conosce meglio di me? Due grandissimi giocatori e ora pure due ottimi ct. L’italiano con un merito in più: aver portato un modulo nuovo in nazionale. I favoriti? Non solo gli azzurri, anche Francia e Germania. E occhio ai romeni"

Capello: "Italia-Olanda  
ve la racconto io"

Baden - Caro Fabio Capello, domani sera a Berna c’è Olanda contro Italia che vuol dire Van Basten contro Donadoni. Vuole provare a descriverli?
«Sotto l’aspetto psicologico si somigliano tanto: per esempio sono entrambi poco espansivi. Ma hanno grandi qualità, idee ben chiare e la testa sul lavoro, sanno anche come vivere e vincere le tensioni».

Da calciatori non sono certo una scoperta…
«Marco è stato il più grande centravanti che io abbia mai allenato, il cigno».

Scusi ma non era stato soppiantato da Ronaldo?
«Certo, Ronaldo è stato un fuoriclasse assoluto, il numero uno, Marco resta il più grande nel suo ruolo. Ha sempre scavato la differenza rispetto agli avversari, era completo e spesso in allenamento firmava giocate che nessuno dei comuni mortali poteva mai prevedere. Peccato abbia smesso a 28 anni: è stato un peccato mortale per lui, per il calcio e per il Milan».

E il “Dona”, come lo chiamavate a Milanello?
«Un creativo dotato di grande quantità. In verità lo chiamavamo “osso”, nel senso che era uno che non mollava mai, che stava sempre davanti al gruppo e tirava, costringendo tutti gli altri a non risparmiarsi. Il presidente Berlusconi lo ribattezzò “luci a San Siro” per le sue giocate geniali. Mai richiamati durante un allenamento, non c’era bisogno».

Come giudica il loro lavoro da ct?
«Hanno compiuto il percorso inverso ma sono arrivati a ottimi risultati. Prendete Donadoni: ha fatto la sua bella gavetta. Io l’avevo incrociato alla guida del Livorno e mi ero accorto, sul campo, delle sue doti per come schierava la squadra, per gli accorgimenti tattici che utilizzava. In Nazionale si è comportato in modo trasparente: idee chiare e nessun condizionamento dall’esterno, segno evidente di personalità».

Van Basten ha avuto anche da allenatore il marchio del predestinato…
«Esatto. Ha cominciato dalle giovanili per passare alla Nazionale maggiore prima di tornare a lavorare per l’Ajax come farà da agosto. Anche lui, come me e Donadoni, deve fare i conti con un terribile nemico: il pochissimo tempo a disposizione di un ct».

Eppure da nuovo ct dell’Inghilterra può partire con comodo per le qualificazioni mondiali...
«Certo ma qui, nel mio caso, abbiamo cambiato molto e devo impostare il nuovo lavoro sulla carta, senza avere una squadra su cui lavorare giorno dopo giorno, curando i particolari, limando i dettagli che sono poi il segreto di un lavoro fatto bene».

Dicono: Van Basten è un ct dedito all’attacco, Donadoni invece no. Condivide?
«Palle, luoghi comuni. Un allenatore sapiente deve puntare non ad esaltare una qualità a discapito dell’altra ma piuttosto a raggiungere l’equilibrio in campo. Poi se uno gioca 20 metri più avanti o più indietro, cambia poco ai fini del risultato. Van Basten mi sembra sintonizzato su questa frequenza. Così come Donadoni che ha un merito in più ai miei occhi».

Quale?
«Aver disegnato un sistema di gioco, il 4-3-3 mai realizzato prima in Nazionale e col quale è riuscito a conquistare una splendida qualificazione vincendo a Glasgow».

C’è un’altra coppia, di calciatori questa volta, che Fabio Capello conosce molto bene: Cannavaro e Van Nistelrooy. Quanto perde l’Italia senza il capitano?
«Io l’ho voluto prima alla Juventus e poi l’ho rivoluto al Real Madrid. Cannavaro non è solo un leader, è anche il pilota della difesa. Fondamentale più che la marcatura sull’attaccante, l’imbeccata giusta che lui riesce a dare a tutto il reparto, anticipando il pericolo. Spero che l’Italia perda poco perché io tifo azzurro, naturalmente. Ma non ne sono così convinto».

Cosa c’è invece da temere nel centravanti olandese?
«Io l’avevo ammirato ai tempi del Manchester United ma è allenandolo, in diretta, che si scoprono le maggiori qualità. Ha una capacità di fare gol, in qualsiasi momento, al di sopra della media internazionale: e l’ha dimostrato con la sequenza dei suoi gol in Inghilterra, in Spagna e nella nazionale olandese. Lo vedrete all’europeo: non sbaglierà colpo».

A proposito di allenatori rampanti, in Italia c’è un gran dibattito mediatico sul debutto di Mourinho. Molti hanno considerato un capolavoro la sua presentazione in italiano…
«Non è una novità. Lo parlava già da prima».

Lei invece in Inghilterra...
«Mi sono presentato parlando la mia lingua, per controllare meglio la fedeltà di ogni espressione».

Come sarà, don Fabio, il suo europeo?
«Adesso sono a Marbella, nella mia casa. Sono davanti alla tv per la sfida inaugurale. Ma sono pronto a partire, per un viaggio studio intorno alla Croazia che è poi uno dei due avversari del nostro girone di qualificazione per il mondiale 2010 oltre all’Ucraina. Ho un appuntamento con Franco Baldini e la seguiremo passo passo per avere il massimo delle informazioni possibili».

Lei tifa Italia: ma è possibile il bis di Berlino?
«In Inghilterra considerano il girone dell’Italia il più complicato, l’hanno chiamato il girone della morte.

C’è il rischio di restare stritolati, meglio dirlo subito. Non ci sono solo gli azzurri tra i favoriti. Francia, Germania, Portogallo e Spagna completano il gruppetto».

Tutto qui?
«Occhio alla Romania e non trascurate la Grecia».

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