«La criminalità organizzata cinese fino a qualche tempo fa era sottovalutata e non certo per l'incapacità degli investigatori ma piuttosto perché era e tende a essere praticamente invisibile. Questa etnia, infatti, ha sempre agito, seguendo una precisa scelta strategica: operare solo ed esclusivamente nel proprio ambiente. Dove può contare sul diffuso timore dei connazionali - che sono poi le uniche vittime, - a denunciare i soprusi. Sono ancora troppo pochi, infatti, i cinesi che denunciano: il 90 per cento delle estorsioni delle quali ci siamo occupati, ad esempio, le abbiamo scoperte noi stessi durante le indagini e non perché qualche componente della comunità cinese è venuto a parlarcene autonomamente. I cinesi sono molto esperti nelle estorsioni: le fanno a negozi, ma anche alle loro stesse case di prostituzione e persino agli affitta camere abusivi e alle bische clandestine: le estorsioni sono estese a tutti. E sono accompagnate da minacce di morte».
Alessandro Giuliano, dirigente da oltre un anno della squadra mobile di Milano, non vuole descrivere quella cinese come una comunità di delinquenti. «La maggior parte di queste persone lavora sodo e si comporta correttamente» sottolinea. Da qualche anno, però, una delle sezioni di lavoro più importanti tra quelle che Giuliano coordina, si occupa proprio di criminalità straniera e, in particolare, di quella cinese: un gruppo di investigatori si sono anche recati in Cina a studiare il mandarino e, proprio anche grazie alla conoscenza della lingua, sono stati poi in grado di risolvere indagini complesse: un salto di qualità, insomma. Grazie al quale gli le dinamiche della criminalità cinese non appaiono più così imperscrutabili come un tempo.
Il reato principale in cui sono specializzati i criminali cinesi, oltre alle estorsioni, è sicuramente il traffico e lo spaccio di stupefacenti.
«La droga che questi gruppi criminali composti da cinesi, perlopiù giovanissimi, vendono ai loro connazionali è il classico stupefacente da feste, come sono lecstasy, la ketamina e lhashish - spiega Giuliano -. I ragazzi affittano locali per incontrarsi e ballare e li spacciano la droga».
Questi giovani, perlopiù provenienti dall'immensa provincia rurale dello Zejiang, hanno grossa mobilità in tutto il nord Italia, tra Milano, Brescia, Venezia e Prato, e aspirano ad acquisire il controllo di aree dove cè un vuoto criminale.
«Quella giovanile cinese è una criminalità molto organizzata, ragionata, regolata da azioni meno d'impulso rispetto, ad esempio, a quella delle bande latino americane. E quindi è più pericolosa» aggiunge Giuliano.
Una volta giunti in una zona i giovani cinesi si strutturano, si dividono il territorio e cominciano a delinquere. Guidati da qualche figura carismatica (anche se Zheng Xijng, detto Diesel, uno dei capi incontrastati di questi sodalizi, ha appena 28 anni!), armati di pistole, coltelli, machete e asce, questi giovani si raggruppano in organizzazioni che importano droga e poi la rivendono proprio nelle feste della città e dell´hinterland. Esattamente come quei 16 giovani cinesi arrestati tra il gennaio e il maggio scorsi dalla squadra mobile di Milano e Brescia e coordinati dal pm Angelo Renna e Silvia Perrucci, e accusati di associazione a delinquere finalizzata allo spaccio e a alla detenzione di stupefacenti, detenzioni di armi da guerra, da sparo e da taglio.
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