Un carabiniere ferito: "Così volevano uccidermi"

Fabio: "Colpito da mazze e pietre nel blindato, sono riuscito a fuggire". La visita in ospedale del deputato Pdl Ascierto: "Un eroe perché non ha sparato"

Un carabiniere ferito: "Così volevano uccidermi"

Roma - Ha visto la morte in faccia e la morte ha visto in faccia lui, la­sciandogli i segni e tanta paura. Il suo volto è devastato da un palo di legno con cui un black bloc lo ha colpito durante la furia di sabato scorso a San Giovanni. Fabio Tar­taglione, 31 anni a dicembre, pu­gliese di Andria, carabiniere scel­to, era alla guida di un mezzo dei Carabinieri finito nel pieno degli scontri. Poteva essere lui il morto che gli antagonisti volevano a tutti i costi per vendicare dieci anni do­po Carlo Giuliani. Non lo è stato grazie al casco, grazie alla tempra di questo ragazzone di quasi due metri di cui si vedono soltanto gli occhi limpidi sotto garze e lividi. Quando sarà liquidato per le feri­te riportate in servizio l’indennità sarà di mille euro, forse 2mila.

Tartaglione racconta le sue di­savventure a Filippo Ascierto, de­putato del Pdl e carabiniere in con­gedo, che è andato a trovarlo al­l’ospedale militare del Celio: vi è stato trasferito dal policlinico Um­berto I, dove è stato operato al set­to nasale fratturato. Il suo raccon­to è quasi di seconda mano. Di quei febbrili momenti trascorsi in balia dei violenti che hanno seque­stra­to la manifestazione degli indi­gnados ricorda poco. Molto lo ha ricostruito dopo, rivedendo le fo­to, ricollegando i suoi frammenti di memoria con le immagini viste dai suoi parenti alla tv. «Quando mi hanno detto che il mio mezo era stato distrutto sono scoppiato in lacrime. In quel momento ho ca­pito cosa avevo rischiato». Rac­conta di come sia stato bloccato sul suo mezzo dalla folla dei vio­lenti. «Le ruote giravano a vuoto, avevano messo anche delle tran­senne per bloccarle», ricorda. Fer­mo a bordo del furgone non blin­dato, Tartaglione ha subito l’assal­to dei black bloc, che hanno forza­­to la portiera, lo hanno colpito e co­­stretto alla fuga. «Ma se vicino a me ci fosse stato un collega, non sa­rei scappato», garantisce. Una cor­sa allucinata, quasi senza coscien­za, con i sampietrini a sibilargli vi­cino, a colpirlo alla spalla e al gi­nocchio, dove ora ha il promemo­ria di due grossi ematomi.

Le immagini di quel sabato drammatico spuntano come flash, senza una logica («ricordo questa ragazza che mi viene in­contro con un sampietrino»). Co­sì come non c’è logica nel fatto che lui sia qui a raccontarle, queste co­se: dal testa o croce del destino è spuntato il simbolo benigno. E lui lo sa. «Le ferite che porto sul mio volto le considero graffietti a para­gone di quello che poteva accader­mi ». Per Ascierto Tartaglione è un eroe perché pure se armato di pi­stola di ordinanza non ha mai pen­sato di sparare.

«Se lo avesse fatto - dice il parlamentare - sarebbe stato messo in croce e il black bloc colpito sarebbe diventato un eroe. Ma Tartaglione ha avuto il sangue freddo di non sparare. Io, da ex carabiniere, probabilmente non ci sarei riuscito».

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