Carabiniere in manette per la morte del pusher Cafasso

RomaÈ accusato di aver ucciso il pusher del caso Marrazzo perché era diventato un testimone scomodo del ricatto all’ex presidente della Regione Lazio. Il maresciallo dei carabinieri Nicola Testini è stato arrestato ieri dai Ros ad Adelfia, il paese in provincia di Bari dove era tornato a vivere con la famiglia dopo essere stato scarcerato dal Tribunale del Riesame di Roma per la vicenda del video che ritrae Marrazzo in compagnia del trans Natali. Ora il militare è tornato di nuovo in cella, con un’accusa ben più pesante, quella dell’omicidio di Gianguerino Cafasso, ucciso da una dose letale di droga in un hotel sulla via Salaria il 12 settembre scorso.
Ad ammettere il provvedimento cautelare è stato il gip Renato Laviola su richiesta del procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e del pm Rodolfo Sabelli. Testini è accusato di omicidio volontario premeditato e cessione di stupefacenti. Avrebbe ucciso il pusher «al fine di procurare l’impunità a sé, a Luciano Simeone e a Carlo Tagliente (gli altri due carabinieri della compagnia Trionfale indagati per il videoricatto)», si legge nell’ordinanza di custodia cautelare. A tirarlo in ballo è stato il trans Jennifer, che aveva una relazione con Cafasso ed era con lui nella stanza d’albergo la notte in cui fu stroncato da uno «speedball», un mix mortale di eroina e cocaina. Una dose che gli sarebbe stata fornita proprio dal maresciallo Testini, di cui Cafasso era il confidente. Voleva estrometterlo dalla trattativa per commercializzare il video in cui inizialmente era stato coinvolto dagli stessi carabinieri, visto che a girare il video erano stati Simeone e Tagliente. Fu proprio Cafasso, ai primi di luglio, a contattare due giornaliste di Libero per cercare di vendere il filmato. Cinquecentomila euro la cifra richiesta. La trattativa però fallì e i carabinieri cominciarono a battere altre strade per piazzare il video sul mercato, chiedendo a un quarto collega, Antonio Tamburrino, di aiutarli a trovare qualcuno disposto a pagare bene per quelle immagini. Quando capirono che l’eventuale guadagno si sarebbe notevolmente ridimensionato e che Cafasso avrebbe preteso ugualmente la sua parte, Testini avrebbe deciso di sbarazzarsene. Jennifer ha raccontato ai magistrati che la sera dell’11 settembre 2009 Cafasso incontrò Testini in un parcheggio di Saxa Rubra, sulla via Flaminia. Lì il carabiniere avrebbe ceduto la sostanza letale al confidente ben sapendo che quel mix non avrebbe lasciato scampo ad un diabetico con problemi di obesità come Cafasso. In quanto a Jennifer quella sera non assunse lo stupefacente perché, disse, «aveva un cattivo sapore». Gli investigatori hanno riscontrato il racconto del transessuale analizzando i tabulati telefonici da cui emerge che la sera dell’11 settembre la stessa cella era stata agganciata dai cellulari in uso a Testini e a Cafasso. In un primo momento la morte del pusher era passata sotto silenzio. Si era pensato ad un infarto, dovuto all’abuso di droga e alle sue cattive condizioni di salute. Ma quando i magistrati hanno scoperto che Cafasso aveva avuto un ruolo importante nel ricatto a Marrazzo, hanno ripreso in mano il fascicolo e disposto nuovi accertamenti. Il cadavere è stato riesumato e le nuove analisi hanno confermato i sospetti degli inquirenti: Cafasso era stato ucciso da una dose di droga tagliata male.


«È stato un arresto annunciato a mezzo stampa, una incivile consuetudine di questo paese», commenta l’avvocato Valerio Spigarelli, che assiste Testini assieme alla collega Marina Lo Faro. «Quando avremo l’ordinanza - continua il legale - la esamineremo ed evidenzieremo l’ingiustizia dell’arresto».

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