Carboni in versione double-face

«Due concerti in uno». Li promette Luca Carboni, che oggi sarà all’Auditorium di via della Conciliazione con le sue «Musiche ribelli». Il tour segue la pubblicazione del suo primo disco di cover, dedicato alla grande canzone italiana degli anni ’70. Brani di De Gregori, Dalla, Battiato, Claudio Lolli, Jannacci, Bertoli e naturalmente anche Musica ribelle di Finardi, legati tra loro da profonde tematiche sociali.
Come proporrà le canzoni dal vivo?
«Il concerto è stato pensato in chiave teatrale, diviso in due tempi. La prima parte dedicata alle cover, con la mia band e con Riccardo Sinigallia, che ha arrangiato l’album con me. Cantare queste canzoni e tuffarmi negli anni ’70 mi fa sentire un vero cantastorie, anche se le storie non sono mie. Rispetto ai pezzi inclusi nel disco, aggiungerò un paio di brani di De André e Paolo Conte. La seconda metà dello spettacolo sarà invece legata alle mie canzoni. Sarà uno spettacolo acustico, caldo e molto suonato, con poca elettronica».
Com’è il rapporto del suo pubblico con una scaletta così particolare?
«I miei fan, soprattutto i più giovani, inizialmente restano perplessi, poi però si fanno coinvolgere dall’atmosfera. I più curiosi poi vanno a cercare i brani originali. La vera sorpresa è che tra il pubblico vedo spesso persone affascinate più dal recupero di queste "musiche ribelli" che dal mio repertorio. In entrambi i casi, un risultato sorprendente».
A suo modo, il nuovo disco si può considerare un «concept album» guidato da una tematica di fondo.
«La scelta di dividere lo spettacolo in due parti deriva proprio da questa idea. Ho scelto di introdurre quasi tutte le canzoni con una spiegazione, per far capire più a fondo il loro valore».
Cosa rappresentano oggi queste canzoni?
«Sono brani ancora molto attuali. Oggi, sicuramente, non troverebbero spazio nella programmazione radiofonica e televisiva. Negli anni ’70, invece, erano canzoni popolari e arrivavano in testa alle classifiche, perché la gente ritrovava nella musica ciò che viveva quotidianamente. Anche negli anni ’80 le mie canzoni raccontavano una nuova generazione, in modo diverso ma comunque legato alla realtà. Oggi sembra che si sia staccata la spina: le problematiche sono davvero tante, ma gli autori sembrano ignorarlo. È un vero peccato, perché ogni momento storico cruciale ha avuto una corrispondente rivoluzione musicale. Stiamo perdendo l’occasione di dare nuovo vigore alla canzone».
Perché ha scelto proprio ora di affrontare quel repertorio?
«Viviamo un momento in cui io per primo non mi riconosco. Probabilmente la soluzione non è recuperare la canzone degli anni ’70, anzi, potrebbe essere un ulteriore segno di crisi. Ho scelto di farlo per fuggire da una situazione musicale che non condivido assolutamente».
Sono passati 25 anni dal suo debutto discografico.

Come festeggia questa ricorrenza?
«Non ho pensato a celebrazioni particolari. Semplicemente, durante il concerto lo ricordo. La vera festa è stare insieme sul palco, con Riccardo e con la band, suonando, stando bene e divertendoci».

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