Care compagne, attente: è tornato il "femministo"

Negli anni Settanta indossava l’eskimo, adesso ha cambiato look ma non strategia. Oggi sfilerà ostentando rispetto per le donne, mentre il suo obiettivo è rimorchiarle

Care compagne, attente:  
è tornato il "femministo"

Il tam-tam è continuo: le donne che oggi batteranno le piazze italiane in senso buono, a difesa della propria dignità, sollecitano anche la presenza di noi maschi. Scrive una certa Silvana Redaelli su Internet: «Dobbiamo essere in tanti, sì, anche uomini, perché io credo che la maggior parte degli uomini non siano dei puttanieri e ci rispettino…».
È sicuramente così. Se serve una testimonianza, mi dichiaro subito: sono del Movimento che mediamente cerca di rispettare la dignità delle donne tutti i giorni, in casa, in ufficio, in strada e con sforzi sovrumani persino in autostrada. Per noi, di questo Movimento anonimo e silenzioso, dire di rispettare le donne è scontato, persino superfluo, come dire che bisogna rispettare i bambini e gli anziani (vorrei aggiungere anche gli animali, ma sono sicuro che poi qualche fanatica mi caverebbe gli occhi per il blasfemo paragone). Eppure, nonostante tutto, non aderisco a «Se non ora, quando». Anche se nessuno lo noterà, oggi non sarò al fianco delle donne. Mi blocca un freno ancestrale, che risale ormai a trenta o quarant’anni fa: non voglio correre il rischio d’essere scambiato per femministo.
Purtroppo, ci sono tutti i segnali più sinistri: questa giornata certamente non cancellerà il bunga-bunga esentasse dal cammino umano, ma certamente segnerà il ritorno della terrificante creatura. Come in Jurassic Park, il temibile dinosauro si è risvegliato e ha già cominciato la sua caccia. Basta sorbirsi su Internet un quarto d’ora di videoadesioni alla manifestazione, o ascoltare qua e là su radio e tv, per comprendere la portata epocale del risveglio. Sotto i suoi più riusciti travestimenti, il femministo riappare nuovo e intatto come allora, nell’era geologica degli anni Settanta.
È lo studente che lancia un lamento indignato perché le donne sono più brave a scuola, eppure non vengono considerate sul lavoro. È il giovane attore che con postura molto professionale lancia parole di pietra: «Sono un uomo, ma oggi sono donna e dico basta». È il pubblicitario schifato e pentito che giura di non poterne più dei media maschilisti e di come rappresentano la donna. È il giornalista che «in certi momenti non bisogna esitare a schierarsi». È lo scrittore impegnato che rifiuta con indignazione lo stereotipo del maschio famelico e cacciatore. È l’inquisitore integralista che picchierebbe Antonio Albanese, perché ancora non ha capito che Cetto Laqualunque è una sublime caricatura. È il tipo edificante e perbene che tutti incontriamo ovunque, convintissimo della sua rivelazione anticonformista e rivoluzionaria: «Spiace dirlo, ma le donne sono molto migliori di noi»…
Ma sì, come non riconoscerlo. È il maschio tollerante e aperto, comprensivo e fiancheggiatore, che all’epoca delle lotte operaie e dei gruppi di studio, dei cineforum e delle occupazioni studentesche, piaceva tanto all’universo femminista. Diceva per filo e per segno proprio quello che le donne emancipate volevano sentirsi dire. Faceva gli occhioni sofferti e profondi che squagliavano anche la più tigre. Era quello che Nanni Moretti ha così magistralmente raccontato all’epoca d’oro di «Ecce Bombo». Era quello che il testo base di allora, «Porci con le ali», già smascherava ufficialmente, rivelando dietro all’idealismo di Rocco una furibonda idea fissa….
Care signore che oggi scendete in piazza, io lo dico nel vostro interesse: occhio a chi vi tirate appresso. Per un idealista convinto e disinteressato, che sicuramente e nobilmente c’è, vi ritrovate tra i piedi cento infiltrati. Sono lì con quella loro aria rassicurante e melliflua, caritatevole e comprensiva. Si mostrano e si dichiarano tutti politicamente più donna di voi. Arcangeli perfetti. Sono l’uomo che ogni donna vorrebbe avere al proprio fianco. In realtà, sono insidiosi come cobra. Vogliono solo carpire la vostra fiducia. Poi, con gelido e calcolato tempismo, la zampata fatale: mi colpisce la tua intelligenza, non è che magari possiamo approfondire meglio stasera a casa mia, ho un articolo di Dacia Maraini da farti leggere, ti ho mai detto quanto adoro la Maraini?
Non è bunga-bunga, non è machismo, non è visione materassabile del pianeta donna. Niente di così reazionario e volgare.

È il femminismo, intramontabile e un po’ bavoso, del femministo. Ai tempi nostri, non si può neppure parlare di evoluzione naturale della specie. Trenta, quarant’anni dopo, è di nuovo qui tale e quale. Non veste più l’eskimo, ma l’icona è quella di allora: sotto l’eskimo, niente.

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