Cari «esperti», ricordate l’aviaria?

Ci avevano detto che avrebbe fatto 150mila morti in Italia. Ora dobbiamo accontentarci di un paio di tacchini stecchiti in una fattoria di Suffolk, contea dell'Inghilterra orientale. Ma che ci volete fare? Di qualcosa dobbiamo pure avere paura, no? Abbiamo il «dovere della paura», come scrive sulla Stampa Barbara Spinelli che, in effetti, qualche timore lo incute sempre a chi deve leggerla, se non altro per la lunghezza dei suoi scritti. E così avanti: se la dose di ghiacci che si sciolgono, di mari che sommergono Venezia e di cammelli in transito per la Val Padana non ci è bastata, ecco uno spauracchio in aggiunta omaggio: l'aviaria. Si capisce: come minaccia non è proprio nuovissima, ma, tranquilli, se non altro è un Pus. Paura usato sicuro.
Avevamo appena fatto in tempo a registrare in Italia la ripresa dei consumi di polli, dopo un crollo costato alle aziende del settore 700 milioni di euro, e zac, ecco che gli esperti ti sfornano il nuovo allarme europeo. Vanno a scovare un paio di pennuti indisposti in giro per il continente e non gli par vero di poter combinare l'influenza dei polli con il neocatastrofismo ecologista che spegne la Tour Eiffel: cambia il clima, mutano i ritmi delle migrazioni, il virus si diffonde più rapidamente e dunque, non preoccupatevi, in pratica siamo morti. Non c'è nemmeno bisogno di aspettare di essere arrostiti dalla Terra che si surriscalda o di essere travolti dal mare che si innalza: il morbo H5N1 accorcia i tempi, come il telepass. Percorso rapido. Ti togli il fastidio in un attimo.
Gli esperti dell'Organizzazione mondiale della sanità confermano: Europa a rischio aviaria. Ci crediamo, si capisce. Anzi ci sembra già un annuncio positivo, considerato il fatto che per i medesimi esperti, a quest'ora, noi dovevamo essere già abbondantemente sepolti e l'Europa, altro che «rischio», doveva essere sterminata dall'aviaria. Ricordate? Tre anni fa (gennaio 2004) l'Oms parlava di milioni di morti in Europa. Qualche mese dopo (settembre 2005) gli esperti riuniti a Malta dichiaravano che solo in Italia ci sarebbero stati 16 milioni di contagi, 2 milioni di ricoveri e 150mila morti. L'Oms confermava: «È solo una questione di tempo». Tempo? Quanto? «Pochi mesi», o meglio «poche settimane», ribadivano gli esperti. Quando si dice l'ottimismo.
Del resto, abbiamo il dovere della paura, no? E qualcuno a quanto pare ha anche un po' di piacere della paura: agli sado-scienziati, in quei giorni, non pareva vero di poterci frustare con previsioni che in confronto The Day After è un luna park. Ma ricordate? Era due anni fa, mica l'altro secolo: prevedevano il blocco dell'economia, dei trasporti e dei servizi sanitari, scuole e fabbriche chiuse, aerei a terra, treni fermi, black out, sommosse per il cibo, lazzaretti costruiti in fretta e furia nelle basi militari. Gli studiosi di ottanta Paesi riuniti in America preparavano un documento segreto, ma così segreto che finì pubblicato sul New York Times: si prevedeva la strategia da adottare di fronte alla «più grande sciagura mai capitata». E la strategia era la seguente: comando delle azioni al Pentagono, militari agli angoli delle strade. Dopo la guerra al terrorismo, ecco l'offensiva contro il pennuto killer. L'Università del Minnesota garantiva: «Nel migliore dei casi solo negli Stati Uniti ci saranno 200mila morti». Nel migliore dei casi, si badi bene.
Il 24 ottobre 2005 il Corriere della Sera titolava: «Il virus killer arriva in Italia entro la settimana». Medici di famiglia allertati, piano di prevenzione, opuscoli distribuiti in tutti gli ambulatori, pronti libro bianco e un decreto legge per l'acquisto di 6 milioni di vaccini. Nota bene: 6 milioni. Alcuni medicinali, anche senza ragione, cominciarono ad andare a ruba. I polli invece sparivano dagli scaffali dei supermercati e dalle tavole degli italiani, mandando in crisi un intero settore. Solo qualche azienda farmaceutica ha potuto (di nascosto) fregarsi le mani, dopo aver fregato, naturalmente, il resto degli italiani.
Ma sì, dài, dovevano esserci 150mila morti in Italia nel giro di pochi mesi, anzi nel giro di poche settimane. E cosa è successo, invece? Qualche uccello infetto in Calabria, due cigni in Sicilia e in Puglia, un'anatra a Padova. Stop. Siamo sinceri: l'aviaria, a livello di salute, ci ha creato meno fastidi di un raffreddore, meno problemi delle unghie incarnite, meno danni di un prurito alla schiena. Per carità, meglio così.

Ma era il caso di tanto allarmismo? Anche quella paura era un dovere? E questi esperti sono davvero così attendibili? E i loro scenari apocalittici? Quali interessi difendono davvero? Ripenso alle previsioni sull'aviaria, agli errori commessi, ai soldi spesi per i vaccini e ai danni procurati agli avicoltori e mi chiedo perché in questo Paese sia così facile smettere di mangiare polli. E così difficile, invece, smettere di esserlo.

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