Carlo Busiri Vici: in mostra gli «anni verdi»

Laura Gigliotti

È una scoperta piacevole e inattesa l’opera di Carlo Busiri Vici, classe 1926, che dopo molto tempo torna a mostrarsi, con la freschezza dei suoi anni verdi, ospite della Galleria Pegaso di Riccardo Rosati a via Giulia. Sono esposti fino al 31 dicembre oltre 200 pezzi, fra oli e opere su carta, realizzati dal pittore fra il ’42 e il ’48 e lasciati nel cassetto per troppo tempo.
Cognome impegnativo quello dei Busiri Vici, presenti a Roma dal Seicento. Giovanni Battista è celebre vedutista del Grand Tour, Andrea è l’architetto prediletto di Pio IX e Leone XIII. Carattere riservato, schivo, Carlo anche lui architetto, inizia a dipingere giovanissimo, vicino agli orientamenti della Scuola Romana, a Mafai, a Stradone. Nel ’46 con Dorazio, Vespignani e altri fonda il Gas, Gruppo Sociale dell’Arte che per coinvolgere la gente non esita a organizzare mostre sui marciapiedi, come quella provocatoria davanti alla Galleria del Secolo, sede dell’arte ufficiale. E continua a dipingere per un bisogno dell’anima, come modo di esistere, come confessione intima e personalissima, sfociando in una ricerca di matrice astratta, anche quando decide di non esporre più, dedicandosi all’architettura. Poi la grande retrospettiva dell’85 a Palazzo Barberini e la personale presso la Galleria La Vetrata nell’88.
L’idea della mostra è stata suggerita a Cinzia Virno da una specie di Zibaldone composto dall’artista con artigianale pazienza a mo’ di commento sentimentale di quegli anni irripetibili della giovinezza, fecondi di fantasia e di idee. Cresciuto in un ambiente stimolante, il padre Clemente è un architetto affermato, accanto al cugino pittore e architetto Carlo Aymonino, Busiri Vici entra in contatto con coetanei come lui presi dal nuovo che avanza. Poco più di un ragazzo partecipa alle rassegne che il regime organizza per far emergere talenti. Nel ’43 vince il primo premio nella gara di pittura ai Ludi Juveniles della Gioventù Italiana del Littorio, esponendo al Teatro Argentina «Piccole cose» che ricordano il padre combattente, un olio «ridipinto» su tavola, ora in mostra. Su una sedia gli oggetti che testimoniano la presenza-assenza del padre (giacca, cappello, pipa, un fiasco, un bicchiere). L’anno dopo la prima mostra che lo vede con altri giovani di genio come Vespignani, Maselli, Scarpitta, Savelli. Espone «Trinità dei Monti», opera dalla costruzione architettonica che cela un’accorta pittura tonale, svariando da Mario Mafai e Giorgio Morandi. Dalla «Stradina sotto la pioggia» del ’42 fino a oggi si susseguono ritratti di familiari, di amici, autoritratti, nature morte, paesaggi e fiori, composizioni ricche di oggetti dalle tinte accese e i tratti decisi. Fra i ritratti spicca il «Ritrattino di Anna». Tre gli autoritratti al cavalletto davanti allo specchio col cappello in testa, dal tratto forte e sicuro.

Grande padronanza del mezzo e dell’ispirazione denotano i paesaggi. Numerosi e belli i disegni, a matita, china, carboncino, inchiostro, acquerello.
Galleria Pegaso, via Giulia, 114. Dal martedì al sabato 16-19. Fino al 31 dicembre.

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